La sanatoria delle difformità parziali e delle variazioni essenziali nel nuovo art. 36-bis TUED

5 agosto 2024

D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, art. 36-bis "Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali".

Articolo aggiornato il 31.8.2024

 


 

L'origine e le finalità dell'accertamento di conformità e della ^doppia conformità^

Il  sistema delineato dal Testo Unico dell'Edilizia nel 2001 affida agli articoli 36 (interventi realizzati in assenza di titolo, totale difformità o variazioni essenziali) e 37 (interventi edilizi di cui all’articolo 22, commi 1 e 2, eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività) la regolarizzazione a posteriori degli abusi edilizi.

Presupposto dell'articolo 36 è la conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso che al momento della presentazione della domanda.

L'istituto risale al condono contenuto nella legge n. 47 del 1985: da un lato il legislatore aveva inteso definire in via eccezionale alcune delle difformità del patrimonio edilizio nazionale, dall'altro con l'articolo 13 aveva messo a regime la possibilità di regolarizzare a posteriori interventi privi di titolo, a condizione che gli stessi possedessero tutte le caratteristiche per accedere al regime autorizzatorio (cd. abuso formale), superando così l'orientamento del Consiglio di Stato secondo cui la normativa contenuta nella L. 10/1977 precludeva ogni possibilità di sanatoria delle opere realizzate in assenza di concessione (Cons. Stato, Sez, IV, 13 febbraio 1981 n. 42).

La tecnica legislativa utilizzata (cd. doppia conformità) aveva e ha una sua specifica finalità, che non consisteva unicamente nell'intento di assicurare all’intero territorio nazionale l’uniformità dei requisiti e delle condizioni in base alle quali potevano essere ricondotti a legittimità gli abusi edilizi (Corte Cost. 18 giugno 2024 n. 125), ma voleva costituire un argine alla discrezionalità delle pubbliche amministrazioni locali nella redazione di varianti agli strumenti urbanistici che rendessero legittimo ciò che legittimo non era all'epoca dell'abuso.

La sopravvenienza di un regime giuridico più favorevole non consente infatti di farne retroagire gli effetti ad illeciti preesistenti: diversamente opinando essa si risolverebbe a sua volta in una sorta di atipico condono normativo, del tutto estraneo alla cornice e alla finalità dell’istituto (Cons. Stato, Sez. II, 15 febbraio 2021 n. 1403).

La conformità alla normativa urbanistica e a quella edilizia

Come detto, mentre gli interventi ammessi alla sanatoria ex articolo 36 continuano a poter essere sanati se conformi alla normativa urbanistica ed edilizia vigente:

  • al momento della loro realizzazione (ex ante),
  • al momento della presentazione della domanda di sanatoria (ex post),

gli interventi ammessi alla sanatoria ex articolo 36-bis possono essere sanati se conformi:

  • alla normativa urbanistica vigente al momento della presentazione dell’istanza;
  • alla normativa edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento.
art. 36 art. 36-bis
Presupposti Conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. (→ comma 1) Conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione. (→ comma 1)

Ciò a dire che il regime della doppia conformità permane, anche se - per i soli abusi di cui all'articolo 36-bis - attenuato grazie allo sdoppiamento operato con riferimento alla disciplina urbanistica rispetto a quella edilizia, dove la prima deve sussistere al momento della presentazione della domanda, mentre la seconda al momento della realizzazione delle opere.

Resta la domanda relativa alla corretta definizione della normativa urbanistica rispetto a quella edilizia.

Per brevità, ci permettiamo di rinviare a quanto scrivevamo all'uscita del D.L. n. 69/2024, nella speranza che il legislatore cogliesse l'opportunità della conversione in legge per chiarire il punto, perchè è difficile affermare che regga ancora l'assunto secondo il quale le norme urbanistiche incidono sul diritto di edificare e le norme edilizie sul modo di esercitare questo diritto, fondato sul rilievo che il legislatore del 1942 affidava ai Regolamenti Edilizi il compito di dettare la disciplina degli interventi edilizi, attuativi delle più generali previsioni urbanistiche contenute negli strumenti di pianificazione.

A ciò che scrivevamo aggiungiamo: non è che perchè il legislatore richiama, nel TUED, normative di settore "aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia" (art. 6, c. 1: norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, relative all’efficienza energetica,  tutela dal rischio idrogeologico, nonché disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio) che queste assumono automaticamente valenza di disciplina edilizia, avendo - come la normativa paesaggistica - natura, funzioni e finalità autonome rispetto a questa, nei cui confronti hanno, per l'appunto, "incidenza", cosa diversa dal condividerne la natura.

Il legislatore non ha tuttavia saputo, o non ha voluto, intervenire in sede di conversione.

Sarà quindi, come sempre più spesso accade, proprio la giurisprudenza - le cui posizioni si voleva in qualche modo risolvere - che sarà chiamata a intervenire.

L'ampliamento della platea delle difformità  parziali ammesse alla sanatoria nel passaggio dal D.L. n. 69/2024 alla legge di conversione

Il 27 luglio 2024 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge L. 24 luglio 2024, n. 105, di conversione, con modifiche, del D.L.n. 69/2024. 

Il nuovo testo dell'articolo 36-bis del Dpr 380/2001:

  • da un lato mantiene il depotenziamento del regime della doppia conformità;
  • dall'altro amplia la platea delle difformità interessate, estendola alle difformità essenziali disciplinate dall’articolo 32 TUED e dalle leggi regionali.
D.L. n. 69/2024 L. 105/2024
  • parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’art. 34;
  • assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’art. 37.
  • parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’art. 34;
  • assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’art. 37;
  • variazioni essenziali di cui all’art.32.

Di ciò dà atto il titolo dell'art. 36-bis che da «Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità» muta in «Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali».

Il quadro completo della platea degli interventi ammessi è quindi il seguente:

  1. interventi e opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla SCIA (art. 34); 
  2. interventi assoggettati a Scia «semplice» ai sensi dell'articolo 22, commi 1 e 2, come manutenzione straordinaria e restauro-risanamento conservativo pesanti, ristrutturazione edilizia leggera (ex art. 3, comma 1, lettera d) nonché varianti non essenziali ai permessi di costruire (art. 37);
  3. mutamenti della destinazione d'uso che implichino variazione degli standards previsti dal d.m. 2 aprile 1968, aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato, modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza, mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito, violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali (art. 32).

Correttamente, viene modificato anche l'articolo 36, tanto nella intitolazione che nel testo (in grassetto nel testo previgente le parti soppresse), eliminando il riferimento alle variazioni essenziali:

Ante L. 105/2024 Post L. 105/2024

Titolo

Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo, totale difformità o variazioni essenziali

Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità

Comma 1

1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali nelle ipotesi di cui all'articolo 31, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in totale difformità da essa o con variazioni essenziali, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, e comunque fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative, [...]

1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in totale difformità da essa e comunque fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, [...]

La cd. ^sanatoria con opere^

È ampiamente consolidato l'orientamento giurisprudenziale che non ammette il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni attraverso le quali subordinare l’efficacia dell’accertamento alla realizzazione di lavori, così da consentire di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione (per tutti, Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 2023, n. 9776).

Il nuovo art. 36-bis confina l'orientamento in questione alle fattispecie più gravi di abuso formale, ossia a quelle dell'art. 36, consentendo allo sportello unico di:

  • per gli interventi realizzati in parziale difformità o consistenti in variazioni essenziali al permesso di costruire, 
    • "condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo";
  • per gli interventi realizzati in assenza o in difformità di SCIA, 
    • individuare le misure da prescrivere ai sensi dell'art. 19, c. 3, secondo, terzo e quarto periodo, della L. n. 241/1990 ossia invitare "il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime" (secondo periodo).

La sanatoria di beni vincolati

Eccettuate le limitate fattispecie previste dal comma 4 dell'articolo 167 d.lgs. n. 42/2004, in presenza di un vincolo paesaggistico è precluso il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36, d.P.R. n. 380/2001, stante il divieto di autorizzazione paesaggistica postuma previsto dall' art. 146, d.lgs. n. 42/2004, e l'eventuale emissione dell'autorizzazione paesaggistica non produce alcun effetto estintivo dei reati né impedisce l'emissione dell'ordine di rimessione in pristino (Cassazione Penale, Sezione III, 14 giugno 2022, n. 23427).

L'articolo 36-bis introduce un'imporante eccezione a questo principio, disponendo che qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica - e quindi solo per gli immobili soggetto a vincolo paesaggistico ex D.Lgs. 42/2004 - il dirigente o il responsabile dell'ufficio sia tenuto a richiedere all'autorità competente "apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento", anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi o l'aumento di quelli legittimamente realizzati.

4. Qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell'ufficio provvede autonomamente. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.

Il riferimento ai lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi, ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati, è stato introdotto in sede di conversione ed è palesemente finalizzato a superare lo scoglio dell'articolo 167 D.Lgs. 42/2024 laddove non ammette alcuna autorizzazione paesaggistica postuma in presenza di simili tipologie di intervento.

Ricevuta la domanda, l'autorità competente è tenuta a pronunciarsi entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri (entrambi? uno solo?) non sono resi nei termini, "si intende formato il silenzio-assenso" e il dirigente o responsabile dell'ufficio provvede autonomamente.

La scelta del legislatore - di suo censurabile nella misura in cui innesta attraverso la normativa edilizia esiti provvedimentali che dovrebbero essere contenuti nella disciplina dedicata, ossia nel Codice dei beni culturali e del paesaggio - conduce a due esiti tra loro alternativi:

  • se gli interventi hanno determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati, l'autorità competente non potrà che esprimersi negativamente, applicando il non modificato articolo 167 del D.Lgs. 42/2004, e l'istanza ex articolo 36-bis non potrà che essere rigettata;
  •  se gli interventi hanno determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati, ma l'autorità competente non si è espressa, il dirigente o responsabile dell'ufficio prenderà atto del silenzio assenso formatosi sull'istanza e "provvederà autonomamente", ovviamente senza in alcun modo applicarsi ai profili paesaggistici, coperti dal silenzio assenso.

Tutto ciò a meno di ritenere che il comma 4 dell'art. 36-bis costituisca una fattispecie autonoma rispetto all'art. 167 del Codice del Paesaggio.

In tal senso potrebbero - il condizionale è d'obbligo - deporre la circostanza per la quale l'accertamento della compatibilità paesaggistica è ammesso anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'aumento di quelli legittimamente realizzati, e l'indicazione di una sanzione pecuniaria che se nel testo è identica a quella dell'art. 167, c. 5 ("maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito") non richiama tuttavia espressamente la disposizione del Codice, quasi vivesse di vita propria.

Curioso, infine, il riferimento - anch'esso introdotto in sede di conversione - al fatto che:

Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione.

I pareri del Ministero e la giurisprudenza intervenuta in materia, con riferimento agli interventi in difformità realizzati prima dell'apposizione di vincolo paesaggistico, sono concordi sul fatto che:

  • per conseguire la sanatoria edilizia, l'intervento deve ricevere anche un vaglio di compatibilità paesaggistica, in quanto il vincolo è operante al momento della richiesta di sanatoria;
  • il modello procedurale per la valutazione paesaggistica postuma è l'accertamento della  compatibilità paesaggistica di cui all'articolo 167 del Codice;

mentre la divergenza si registra sull'applicabilità o meno del comma 4 dell'articolo 167, ossia sulla possibilità o meno di sanare, sotto il profilo paesaggistico, volumi o superfici illegittimamente realizzati (sul punto, Difformità edilizie e vincolo paesaggistico sopravvenuto: quale disciplina?).

In disparte ciò, il riferimento ai casi di ^incompatibilità^ dell'intervento rispetto al vincolo -  dove, trattandosi di un vincolo paesistico, non chiaro in cosa debba consistere detta incompatibilità, a priori determinata dal legislatore - ancora una volta introduce un esito provvedimentale che dovrebbe essere contenuto nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, per la redazione del quale è stata data delega al Governo con l'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

Ciò detto, resta da chiedersi  quale sia la connessione con il - mantenuto - disposto dell'ultimo comma dell'articolo 32 TUED, a norma del quale gli interventi in variazione essenziale al progetto approvato effettuati "su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44", perchè se si tratta di interventi sanzionati ex articolo 31 non possono essere ammessi alla sanatoria dell'articolo 36-bis, ma unicamente a quella dell'articolo 36.

Nel tentativo di interpretare la norma attribuendole un senso piuttosto che nessuno, a tutto concedere si potrebbe sostenere che l'articolo 36-bis configura un regime derogatorio - sia pure per i soli immobili sottoposti a vincolo paesaggistico e non per le altre altre fattispecie vincolistiche elencate dall'ultimo comma dell'articolo 32 (che peraltro il D.L. n 69/2024 ha esteso ai vincoli "ambientali e idrogeologici") - tanto alla compatibilità paesaggistica di cui all'articolo 167, comma 4, del D.Lgs. 42/2004, quanto al regime delle variazioni essenziali interessanti beni vincolati, di cui all'ultimo comma dell'articolo 32 TUED.

I tempi della sanatoria ex art. 36-bis

L'articolo 36 indica in sessanta giorni il termine entro il quale il dirigente, o il responsabile del competente ufficio comunale, si pronuncia "con adeguata motivazione" sulla domanda di accertamento di conformità, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata, concretizzandosi un silenzio-rigetto - ossia un'ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento espresso di diniego - e non silenzio-inadempimento.

Diversa è l'impostazione dell'articolo 36-bis, il cui comma 6 prevede che sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronunci "con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta": anche in questo caso, dunque, il silenzio ha natura provvedimentale ma l'esito è l'opposto di quello dell'articolo 36.

Nell'ipotesi di SCIA, il termine è quello di cui all'articolo 19, comma 6-bis, della L. n. 241/1990, il quale dispone che "Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni"

Nell'ipotesi di immobili soggetto a vincolo paesaggistico ex D.Lgs. 42/2004, entrambi i termini indicati "sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica".

Tutti i termini possono essere interrotti qualora l'ufficio "rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori", ossia per intero.

Senza che ve ne fosse francamente necessità, l'estensore della norma ha ritenuto infine opportuno specificare che decorsi i termini di cui al primo, secondo e terzo periodo del comma 4, "eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci", così come ha voluto prevedere l'obbligo di rilascio, "in via telematica" - come se  l'articolo 3-bis della L. n. 241/1990 non imponesse alle pubbliche amministrazioni l'uso della telematica "nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati" -, su richiesta del privato, di "un'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e dell'intervenuta formazione dei titoli abilitativi"

Il costo della sanatoria

Le sanzioni correlate all'ottenimento della sanatoria di cui all'articolo 36-bis possono così riassumersi:

Interventi eseguiti quali parziali difformità o variazioni essenziali (c. 5, lett. a)

Contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'art. 16, incrementato del venti per cento, in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire nelle ipotesi di cui all'art. 34, e in caso di variazioni essenziali ai sensi dell'art. 32. Non si applica l'incremento del venti per cento nei casi in cui l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda

Interventi eseguiti in assenza di SCIA o in sua difformità (c. 5, lett. b)

Doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile valutato dall'agenzia del territorio, in una misura determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a euro 1.032 e non superiore a euro 10.328 ove l'intervento sia eseguito in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'art. 37 e in misura non inferiore a euro 516 e non superiore a euro 5.164, nei casi in cui l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.

Interventi eseguiti in assenza o in difformità dall'autorizzazione paesaggistica (c. 5-bis)

Sanzione determinata previa perizia di stima e equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione.

L'attestazione della conformità

Mutuando l'asseverazione richiesta - in forza di una distorta interpretazione del punto 2 dell'Allegato al D.P.C.M. 12 dicembre 2005 (sul fatto che in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica la valutazione dell’autorità procedente deve tenere conto dei soli profili paesaggistici e ambientali e non può dunque riguardare anche gli aspetti attinenti alla regolarità edilizia e urbanistica dell’opera, quali lo stato legittimo dell’immobile, v. Cons. Stato, Sez. IV, 24 marzo 2023, n. 3006) - a proposito della conformità urbanistica delle opere di cui si chieda l'accertamento di compatibilità paesaggistica postuma, il terzo comma dell'articolo 36-bis prevede che la richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria siano "accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità", ossia la conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda e quella edilizia vigente al momento della realizzazione.

3. La richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità. Per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell'intervento. L'epoca di realizzazione dell'intervento è provata mediante la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, secondo e terzo periodo. Nei casi in cui sia impossibile accertare l'epoca di realizzazione dell'intervento mediante la documentazione indicata nel terzo periodo, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Il requisito della doppia conformità richiede che il professionista dichiari, tra l'altro,  l'epoca di realizzazione dell'intervento.

A questo scopo, il tecnico può avvalersi della documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, ossia informazioni catastali di primo impianto, o altri documenti probanti, quali riprese fotografiche, estratti cartografici, documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, piuttosto che il titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio (quarto periodo), e ciò anche quando "sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi" (quinto periodo).

Nel caso in cui la documentazione richiamata non possa essere positivamente valorizzata, e  sia quindi "impossibile accertare l'epoca di realizzazione dell'intervento", la stessa può essere attestata dal tecnico incaricato, il quale procede assumendosi i rischi di una dichiarazione falsa o mendace ai sensi dell'articolo 76 del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.

Di "perizia di stima", e (forse) quindi di attestazione, parla anche il comma 5-bis dell'articolo 36-bis in relazione alla determinazione della sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione per gli interventi su immobili  paesaggisticamente vincolati.

A differenza del comma 3, non è tuttavia indicato chi sia tenuto a redigerla e soprattutto non vi sono previsioni penali per l'ipotesi di dichiarazioni false o mendaci.

L'ipotesi di carenza dei requisiti e dei presupposti per l'ottenimento della sanatoria

Facendo tesoro dell'orientamento giurisprudenziale secondo il quale, perchè il silenzio-assenso possa formarsi, è necessario, oltre al decorrere del termine assegnato per pronunciarsi, il ricorrere di tutte le condizioni e dei requisiti soggettivi ed oggettivi in capo al richiedente, il legislatore ha ritenuto opportuno introdurre la disposizione di chiusura  contenuta nel comma 6, a norma della quale:

In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni previste dal presente testo unico.

La disposizione, che esclude il formarsi del silenzio-assenso, sembrerebbe superare anche l'orientamento espresso da Cons. St., Sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5746, secondo il quale il silenzio-assenso si forma anche se l’attività richiesta non è conforme alla disciplina di settore, fatta salva l’ipotesi della radicale inconfigurabilità giuridica dell’istanza.

La sanatoria degli interventi realizzati dalle pubbliche amministrazioni (art. 3, c. 2, D.L. n. 69/2024)

Dispone il secondo comma dell'articolo 4 del D.L. n. 69/2024, che le disposizioni di cui  all'articolo 36-bis - ad eccezione dei commi 5 e  5-bis - si applicano, in quanto compatibili, anche all'attivita' edilizia delle amministrazioni pubbliche, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le disposizioni di cui all'articolo 34-bis, commi 1-bis, 2-bis e 3-bis, e all'articolo 36-bis, ad eccezione ((dei commi 5 e 5-bis)), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 si applicano, in quanto compatibili, anche all'attivita' edilizia delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Le predette amministrazioni possono dichiarare le tolleranze di cui all'articolo 34-bis, commi 1-bis e 2-bis, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 mediante il proprio personale deputato allo svolgimento delle ordinarie mansioni tecniche nel settore dell'edilizia. Per le finalita' di cui al primo periodo, le amministrazioni pubbliche possono in ogni caso avvalersi del supporto e della collaborazione di altre amministrazioni pubbliche ovvero di soggetti terzi. Le amministrazioni pubbliche interessate dalle disposizioni di cui al presente comma provvedono agli adempimenti ivi previsti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L'espressa esclusione del regime sanzionatorio di cui ai commi 5 e 5-bis affaccia la possibilità che le P.A. possano sanare, senza sanzioni, le fattispecie di cui all'art. 36-bis.

La sanatoria degli interventi eseguiti, entro l’11 maggio 2006, in forza di titolo edilizio privo di compatibilità paesaggistica (art. 3, c. 4-bis, D.L. n. 69/2024)

I disposti dell'articolo 36-bis sono oggetto di richiamo anche da parte dei commi 4 e 4-bis (introdotto in sede di conversione in legge) dell'articolo 3 del D.L. n. 69/2024.

Da una parte, il comma 4 impedisce a chi abbia versato somme a titolo di oblazione o di sanzione per sanzioni irrogate alla data di entrata del D.L. n. 69/2024 - ossia il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 29 maggio 2024, n. 104 - di richiedere la restituzione delle somme qualora (immaginiamo per le medesime fattispecie) sia stata presentata istanza ai sensi dell'articolo 36-bis.

4. La presentazione della richiesta di permesso di costruire o della segnalazione certificata di inizio attivita' in sanatoria ai sensi dell'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, non da' diritto alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione o per il pagamento di sanzioni gia' irrogate dall'amministrazione comunale o da altra amministrazione sulla base della normativa vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Dall'altro, il comma 4-bis stabilisce che le nuove disposizioni in materia di accertamento di conformità per interventi eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, scia o permesso in sanatoria si applichino anche agli interventi realizzati entro l’11 maggio 2006, quando questi siano stati realizzati in forza di un titolo rilasciato in assenza di "compatibilità paesaggistica"

4-bis. Le disposizioni dei commi 4, 5, 5-bis e 6 dell'articolo 36-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, introdotto dall'articolo 1 del presente decreto, si applicano anche agli interventi realizzati entro l'11 maggio 2006 per i quali il titolo che ne ha previsto la realizzazione e' stato rilasciato dagli enti locali senza previo accertamento della compatibilita' paesaggistica. La disposizione del primo periodo del presente comma non si applica agli interventi per i quali e' stato conseguito un titolo abilitativo in sanatoria, a qualsiasi titolo rilasciato o assentito.

Il termine "compatibilità paesaggistica" è curioso, perchè il Codice del Paesaggio lo utilizza quasi sempre con riferimento all'accertamento di compatibilità paesaggistica di cui all'articolo 167, ossia successivamente all'intervento: la sola ipotesi in cui l'espressione è utilizzata con riferimento all'autorizzazione paesaggistica, che necessariamente precede la modifica dello stato dei luoghi, è il comma 8 dell'articolo 146, là dove recita:

8. Il soprintendente rende il parere di cui al comma 5, limitatamente alla compatibilità paesaggistica del progettato intervento nel suo complesso ed alla conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all'articolo 140, comma 2 [...].

Va da sè, tuttavia, che, al di là dell'espressione utilizzata, il comma 4-bis deve intendersi riferito alla possibilità di ricorrere alla sanatoria ex articolo 36-bis, commaa 4, in presenza di titoli edilizi che avrebbero necessitato di autorizzazione paesaggistica ex articolo 146 D.Lgs. 42/2004, non di compatibilità paesaggistica ex articolo 167 del medesimo Codice. 

Da tale estensione della sanatoria in questione non possono godere vuoi, per espressa dizione della norma, gli interventi che hanno conseguito un titolo abilitativo, a qualsiasi titolo rilasciato o assentito, in sanatoria, vuoi - a contrario - gli interventi dotati di titolo edilizio ma non di autorizzazione paesaggistica realizzati dopo l'11 maggio 2006.

Una breve nota conclusiva

Come tutto il D.L. 69/2024, anche il novello articolo 36-bis del TUED appare ispirato da un approccio estremamente tecnicistico e ignaro del delicato equilibrio su cui si regge un impianto normativo che attende dal 1942 la revisione della legislazione urbanistica.

Come è stato di recente sottolineato, 

«la legislazione urbanistica ha seguito un percorso di rinnovamento sganciato dal fattore di rigidità rappresentato dall'immanenza della legge urbanistica e dall'affievolirsi del ruolo di riferimento a essa riconoscibile» (Boscolo, 2024)

Pretendere di risolvere le contraddizioni generate da un sistema normativo che sceglie di occuparsi di edilizia invece che di urbanistica, senza comprendere l'importanza e la vitalità della matrice urbanistica rispetto a quella edilizia, conduce a risultati spesso di poco respiro, anche quando le innovazioni hanno ragioni valide su cui fondarsi.

Il timore è che questo avvenga anche con il decreto ^Salva Casa^.

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