Il recupero dei sottotetti nel ^Salva Casa^
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, art. 2-bis, Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati, comma 1-quater.
- Il recupero dei sottotetti nel Testo Unico dell'Edilizia
- Il recupero dei sottotetti nelle leggi regionali
- Il nuovo comma 1-quater dell'articolo 2-bis del TUED
- Il regime temporale del comma 1-quater
- Il rinvio alla legislazione regionale
- I presupposti per l'applicazione della deroga alle distanze
- Il rinvio alle leggi regionali più favorevoli
- In conclusione
Il recupero dei sottotetti nel Testo Unico dell'Edilizia
Nel testo anteriore alle modifiche introdotte con la legge n. 105/20024 di conversione del D.L. n. 69/2024, il d.P.R. n. 380/2001 non contiene l'espressione "sottotetto" o "sottotetti".
L'espressione è invece contemplata dal Regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1-sexies del d.P.R. 380/01, il quale, al n. 23, lo definisce come:
Spazio compreso tra l’intradosso della copertura dell’edificio e l’estradosso del solaio del piano sottostante.
Questo spazio viene poi comunemente qualificato come mansarda, spazi con requisiti di abitabilità, o camere d'aria, volumi con sola funzione di isolamento con solaio di calpestio non idoneo a sopportare carichi di persone o cose.
La trasformazione di locali sottotetto non destinati alla permanenza di persone in vani abitabili costituisce, secondo l'impianto del Testo Unico dell'Edilizia, una modifica i parametri edilizi della costruzione e come tale deve essere assentita da idoneo titolo abilitativo.
Ai fini che qui interessano non rilevano le tipologie autorizzative attraverso le quali avviene il recupero di vani sottotetto: rileva invece sapere - come sottolinea T.A.R. Liguria, Genova, sez. I, 25/06/2014, n.1005 - che il recupero dei sottotetti è formula di sintesi
che designa genericamente l'utilizzazione a fini abitativi di spazi tecnici accessori in preesistenti fabbricati, suscettibile di essere realizzata mediante diverse modalità progettuali ed esecutive, tutte riconducibili — entro gli estremi del risanamento conservativo fino alla costruzione di una (vera e propria) nuova costruzione — ai tipi d'intervento edilizi definiti (cfr. art. 10) nel testo unico dell'edilizia.
Il recupero dei sottotetti nelle leggi regionali
Diciannove regioni italiane hanno emanato normative dedicate al recupero ad uso abitativo dei sottotetti esistenti, mentre Trento e Bolzano hanno emanato leggi a livello provinciale: un utile Dossier normativo sulle legislazioni regionali è stato redatto da ANCE nel giugno 2024.
Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Molise, Puglia, Sicilia, Toscana, e Veneto qualificano l'intervento come ristrutturazione ediizia.
Tale qualificazione, sempre secondo il T.A.R. Liguria citato:
non vincola affatto l'operatore, il quale, chiamato ad individuare la disciplina edilizia applicabile all'intervento astrattamente ascritto al recupero ai fini abitativi del sottotetto, deve previamente qualificarlo "per quello che è", vale a dire secondo i consueti parametri: la concreta consistenza strutturale delle opere, l'effettivo impatto di esse sul territorio come conformato dalla disciplina urbanistica locale.
Tutte le normative regionali prevedono, sia pure con livello di specificazione diversi, che gli interventi possano essere eseguiti in deroga ai limiti e ai parametri degli strumenti urbanistici vigenti.
Più specificamente:
- la regione Emilia Romagna, con la l.r. n. 11/1998, consente al RUE (Regolamento Urbanistoco Edilizio) di prevedere che gli interventi edilizi per il recupero dei sottotetti possano comportare, per gli edifici di altezza pari o inferiore al limite di altezza massima posto dallo strumento urbanistico, modificazioni delle altezze del colmo (per un massimo di metri 1,00) e della linea di gronda (per un massimo di metri 0,50) e delle linee di pendenza delle falde, con aumento del volume dell'edificio esistente, anche in deroga alle distanze dai confini e dai fabbricati.
- la regione Veneto ha provveduto, con l’art. 64 della legge reg. Veneto n. 30 del 2016, a fornire interpretazione autentica dell'art. 2, c. 1, e dell’art. 6, c. 1, della l.r. 8 luglio 2009, n. 14, nel senso che deve intendersi è consentito di derogare ai parametri edilizi di superficie, volume, altezza e distanza, anche dai confini, come previsti dai regolamenti e dalle norme tecniche di attuazione di strumenti urbanistici e territoriali.
Il nuovo comma 1-quater dell'articolo 2-bis del TUED
In sede di conversione del decreto legge n. 69/2024, operata con legge n. 105/2024, il legislatore ha introdotto il comma 1-quater all'articolo 2-bis "Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati" del TUED.
«Al fine di incentivare l'ampliamento dell'offerta abitativa limitando il consumo di nuovo suolo, gli interventi di recupero dei sottotetti sono comunque consentiti, nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale, anche quando l'intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all'epoca della realizzazione dell'edificio, che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all'area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali, e che sia rispettata l'altezza massima dell'edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione. Resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli.»
La disposizione è la risposta alle problematiche emerse dall'applicazione delle legislazioni regionali, in particolare con riferimento a quelle della Lombardia e della Liguria, in punto distanze dai confini e dai manufatti, dove - se si accettua T.A.R. Lombardia Brescia, 18/7/2002, n. 1176 - è pacifico che:
- le norme sulle distanze tra fabbricati di cui all'art. 9, d.m. n. 1444 del 1968 hanno natura imperativa e gli strumenti urbanistici non possono derogarvi; dunque, le norme regionali sul recupero dei sottotetti non derogano al regime degli standard stabilito per ragioni di ordine pubblico;
- poiché le norme degli strumenti urbanistici integrano la disciplina dettata dal codice civile in tema di distanze legali regolate dagli art. 873 c.c. e seguenti, vanno incluse tra le disposizioni non derogabili quelle relative alle distanze tra edifici e confine, indipendentemente dalla contrapposizione con edifici, trattandosi di materia inerente l’ordinamento civile e dunque di competenza esclusiva dello Stato.
Il regime temporale del comma 1-quater
Il punto da cui muovere per comprendere l'ampiezza della disposizione è il regime temporale, ossia se essa opera esclusivamente per il futuro (e quindi per gli interventi ancora da autorizzare e realizzare) o anche per il passato (ossia per gli interventi già autorizzati e/o realizzati).
La risposta non può prescindere dal generale canone di irretroattività previsto dall’art. 11 delle disp. prel. c.c. il quale stabilisce che la legge "non ha effetto retroattivo", disposizione enunciativa di un principio generale applicabile non solo alla legge in senso tecnico, ma anche alle altre fonti del diritto (C. Cassazione, Sez. III, 21/01/2020, n. 1157),
La materia edilizia conosce bene la questione, avendola affrontata per la normativa sanzionatoria, più volte mutata nel tempo, risolvendola nel senso che in sede di repressione dell’illecito è applicabile il regime vigente al momento in cui l’amministrazione provvede ad irrogare la sanzione stessa (Cons. Stato, Sez. VI, 12/01/2022, n. 204).
Nel caso del decreto n. 69/2024 e della L. n 105/2024 di conversione, il problema è diverso: si tratta infatti di comprendere se le nuove disposizioni fanno diventare legittimo ciò che legittimo prima non era.
Qui, prima di approcciare il tema del regime temporale, si pone un primo aspetto da considerare.
Quando il legislatore sente la necessità di specificare, all'interno della disposizione del Testo Unico dedicata alle deroghe (e non di altre), che una determinata categoria di interventi può essere comunque consentita, anche quando l'intervento "non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini", si dicono due cose:
- la prima è che per essere realizzata l'attività deve prima essere autorizzata;
- la seconda è che, assente il momento autorizzativo, l'attività è per sè solo illegittima, secondo il canone generale introdotto con la legge n. 47/1985.
Questo approccio si pone nel solco delle indicazioni contenute nella decisione del Consiglio di Stato, sezione VI, il quale - interrogato a proposito della applicabilità a posteriori (e quindi in sanatoria) della legislazione eccezionale in materia di sottotetti in Regione Campania a un sottotetto oggetto di un intervento di sostituzione del manto di copertura con innalzamento delle quote di gronda e di colmo dello stesso - ha specificato, confermando TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 776/2020, che il recupero abitativo dei sottotetti esistenti è ammesso:
«solo se legittimati da un titolo edilizio, ovvero abusivi ma sanati prima della presentazione dell'istanza di recupero abitativo. Risulta quindi evidente che tale recupero abitativo dei sottotetti esistenti è ammesso quando l'edificio in cui è ubicato il sottotetto sia stato realizzato legittimamente ovvero, ancorché realizzato abusivamente, sia stato previamente sanato ai sensi della legge n. 47 del 1985 o dalla legislazione condonistica successiva. [...] Esso non integra un'ipotesi aggiuntiva e surrettizia di sanatoria, diversa da quelle invalse nell'ordinamento (condono e accertamento di conformità), ma determina la conversione in senso abitativo di locali pur sempre regolarmente assentiti e solo aventi ab origine altra destinazione funzionale (ad esempio, volumi tecnici o stenditoi)» (Cons. Stato, sez. VI, 18.10.2022 n. 8859)
Nel medesimo senso T.A.R., Napoli, sez. VIII , 08/10/2015, n. 4717, e, soprattutto, T.A.R., Napoli, sez. VIII, 07/05/2014, n. 2497, il quale evidenzia come la normativa sul recupero abitativo dei sottotetti deve essere considerata di stretta interpretazione essendo costituita da disposizioni di natura derogatoria ed eccezionale.
Il che a dire che si "impone un'interpretazione il più possibile aderente al dettato normativo e scevra in ogni caso da accezioni che, trascendendo il significato delle parole, intendano attribuirle una valenza che non le è propria", escludendo la possibilità che attraverso di essa si sia inteso "introdurre nell'ordinamento una nuova tipologia di condono non prevista né voluta e al di fuori dei presupposti onerosi che caratterizzano quest'intervento normativo di carattere eccezionale, la cui scelta è riservata esclusivamente al legislatore".
Se questa è l'ottica attraverso la quale approcciare il quesito se il nuovo comma 1-quater dell'articolo 2-bis TUED possa riguardare anche il passato, la risposta è negativa: la disposizione riguarda unicamente gli interventi non ancora realizzati al momento dell'entrata in vigore della legge di conversione, ossia il 28 luglio 2024.
È possibile sostenere la tesi contraria invocando il fatto che il regime degli accertamenti di conformità di cui agli articoli 36 e 36-bis TUED costituisce lo strumento tipico per ricondurre alla legalità gli abusi edilizi di natura formale, ossia dovuti alla mera carenza del titolo abilitativo, attribuendo loro un titolo, postumo sì ma pur sempre un titolo?
Chi scrive ha molti dubbi che questo approccio sia corretto, perchè il punto non è dotare di un titolo ciò che un titolo non ha ma che nella sostanza delle cose potrebbe averlo. Il punto è autorizzare a posteriori l'applicazione di una normativa derogatoria che, come tale, non può essere piegata per ^sanare^ situazioni pregresse.
Tutto ciò anche volendo per un attimo accantonare il fatto che il ricorso, da parte del legislatore, al verbo "consentire", non lascia spazio a interpretazioni che, ignorando il dato letterale, omettano di considerare come esso presupponga da un lato una rigida scansione temporale dove l'emissione del titolo precede la modifica dei luoghi e dall'altro la presenza ineludibile del titolo.
Circostanza quest'ultima che - non essendo possibile emettere il titolo per quanto esposto da Cons. Stato n. 8852/2022 - da sola esclude l'applicazione del principio per il quale la successione di norme più favorevoli in tema di distanze trova quale l'unico limite nell'eventuale giudicato formatosi sulla legittimità o meno della costruzione.
Il rinvio alla legislazione regionale
Dispone il comma 1-quater che
«gli interventi di recupero dei sottotetti sono comunque consentiti, nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale»
Ciò a significare che il legislatore ha inteso individuare il presupposto della portata derogatoria della disposizione nella piena rispondenza dell'intervento alle diverse legisazioni regionali in materia di recupero dei sottotetti, mentre gli interventi che, pur riguardanti porzioni di edifici destinate a sottotetto, non si configurino come recuperi ai sensi delle legislazioni regionali troveranno risposta, in punto distanze, nel comma 1-ter del medesimo articolo 2-bis TUED.
I presupposti per l'applicazione della deroga alle distanze
Dispone il comma 1-quater che gli interventi di recupero dei sottotetti sono consentiti in deroga alle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione (recte, alle condizioni)
«che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all'epoca della realizzazione dell'edificio, che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all'area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali, e che sia rispettata l'altezza massima dell'edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione»
A. I limiti di distanza vigenti all'epoca della realizzazione dell'edificio
Rinunciando alla dubbia espressione "legittimamente preesistenti" contenuta nel comma 1-ter, il legislatore ha scelto di condizionare l'applicazione della deroga alla verifica della normativa vigente, in punto distanze, all'epoca della realizzazione dell'edificio di cui si intende recuperare il sottotetto.
Il che a significare che indifferenti sono sia la preesistenza del fabbricato a distanza non regolamentare per un periodo superiore al ventennio di cui all'articolo 1158 c.c. sia la sopravvenienza di normative più favorevoli.
B. Le modifiche, nella forma e nella superficie, all'area del sottotetto
Al di là della vaghezza dell'espressione "forma", su cui non vale la pena interrogarsi, il senso della disposizione è sufficientemente chiaro: la deroga in materia di distanze è possibile unicamente quando non sia modificato l'impianto perimetrale della costruzione preesistente.
Resta da chiedersi se il legislatore si sia reso conto che parlare di "modifiche, nella forma e nella superficie, all'area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali", affaccia l'interrogativo se la forma sia rispettata quando, ad esempio, si inserisca non un abbaino ma un terrazzo: operazione che francamente non si vede in quale misura interferisca con i diritti dei terzi nella misura in cui è rispettato il disposto dell'articolo 905 c.c.
B. Il rispetto dell'altezza massima dell'edificio
Sfugge il perchè il legislatore abbia voluto introdurre il rispetto dell'altezza massima dell'edificio come «assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione».
Vuoi perchè i sottotetti di maggiore interesse ai fini del loro recupero sono quelli di edifici la cui epoca di costruzione è ben anteriore alla stessa legge urbanistica, con tutto ciò che ne deriva in termini di recuperabilità del titolo, vuoi perché diversi sono i criteri per definire l'altezza massima (colmo o intradosso dell'ultimo piano abitabile, solo per citarne alcuni) a seconda dei regolamenti locali, vuoi, ancora, perché la norma ignora il disposto, inderogabile, dell'articolo 8 del d.m. 1444/1968 in punto "Limiti di altezza degli edifici".
Il rinvio alle leggi regionali più favorevoli
La norma chiude con la disposizione:
«Resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli»
Premesso che le leggi regionali non possono deviare dalla legislazione in materia di distanze contenuta nel d.m. 1444/1968 e che l'unico spazio di manovra per le legislazioni regionali è quella delle distanze dai confini, così come per le amministrazioni locali (v. Cass. civ., sez. II, ordinanza 12 novembre 2019, n. 29222), resta difficile comprendere il senso della disposizione, dato che questa interviene sulle distanze e non sulla regolazione degli interventi di recupero dei sottotetti.
In conclusione
In ragione delle condizioni poste dal legislatore per l'applicazione della deroga, il perimetro della ragionevole operatività della novella all'articolo 2-bis del TUEL è individuabile nella - sola - sopraelevazione dell'edificio lungo le pareti perimetrali.
Certamente poteva essere l'occasione per replicare la metodologia utilizzata per la scrittura dell'articolo 23-ter in tema di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante, eterointegrando le normative regionali: ma, evidentemente, i tempi del decreto legge non permettevano una riflessione di tale impatto.