Conservazione dell'edificio abusivo acquisito alla mano pubblica

26 marzo 2025

Cassazione penale, Sez. III, 17 marzo 2025,  n. 10429

La Corte di Cassazione evidenzia la natura eccezionale della delibera comunale mediante la quale si dichiari l'esistenza di un interesse pubblico prevalente rispetto al ripristino dell'assetto urbanistico violato e l’acquisizione a patrimonio dell’opera abusiva.

 

L'art. 31 TUED

L’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)» in vigore dal 28/07/2024, dopo avere definito, al comma 1, gli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire - ossia  “…quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile” - dispone che l’amministrazione comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo o con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32,

«ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto» (comma 2).

Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dall’ingiunzione:

«il bene e l’area di sedime […] sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune» (comma 3).

L’accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire «costituisce titolo per l’immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari» (comma 4).

Ai sensi del comma 5, l’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso:

«salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti».

Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti a vincolo di inedificabilità,

«l’acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all’ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull’osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell’abuso. Nella ipotesi di concorso dei vincoli, l’acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune» (comma 6).

La motivazione dell'ordine di demolizione

In via generale la fattispecie normativa prevista dall’art. 31 d.P.R. n. 380/2001 postula la consumazione di un abuso edilizio, rispetto al quale l’Ordinamento reagisce prevedendo che l’Amministrazione ingiunga al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione con ulteriori conseguenze in caso di omissione.

Scelta questa importante ma diretta alla tutela dei valori costituzionali (cfr. artt. Cost. 9, 41, 42 e 117), che il Legislatore concretizza, da un lato obbligando l’autore dell’illecito a demolire l’opera abusiva, entro il termine previsto dall’ordinanza di demolizione e, dall’altro, ponendo il dovere specifico all’Amministrazione di reprimere l’illecito.

In tal senso l’ordine di demolizione è, pertanto, da ritenersi adeguatamente motivato quando e se reca “la descrizione delle opere abusive e le ragioni della loro abusività” (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, Sent., 22/01/2024, n. 655), assumendo in tal modo la natura di “atto dovuto e rigorosamente vincolato”  (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 22 gennaio 2024, n. 655). E ciò da valere anche nel caso in cui l’ingiunzione di demolizione arrivi a distanza di tempo dalla consumazione dell’abuso ed “il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso” stesso considerato il “carattere reale della misura ripristinatoria della demolizione e la sua precipua finalizzazione al ripristino dei valori di primario rilievo” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2017).

Interpretazione questa rigorosa che però, seppur assicurando l’osservanza delle regole e, quindi, l’ordine urbanistico, non deve però trascurare di indagare il fronte motivazionale e l’affidamento generato nel privato dopo lungo tempo.

Ne deriva pertanto chiaramente che l’ingiunzione di demolizione, in quanto atto dovuto in presenza della constatata realizzazione dell’opera edilizia senza titolo abilitativo o in totale difformità da esso, può essere, in linea di principio, sufficientemente motivata attraverso il mero richiamo dell’accertata abusività dell’opera.

L'acquisizione del bene alla mano pubblica

Mentre l’ingiunzione di demolizione, per la natura anche della motivazione come sopra esaminata, ha carattere riparatoria, avendo ad oggetto appunto l’abuso, l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale, di cui all’art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380/2001, ha invece natura, anzitutto autonoma e sanzionatoria sicché, lungi dall’essere misura strumentale volta a consentire all’amministrazione di eseguire la demolizione conseguendo all’inottemperanza all’ingiunzione di demolizione. La diversa ontologica caratterizzazione, che rileva una natura “afflittiva” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 16/2023. V. anche Cons. Stato, Sez. II, 25 gennaio 2024, n. 806.) dell’acquisizione del bene a patrimonio comunale, si concretizza, infatti, prima dall’esecuzione dell’abuso e poi dal mancato obbligo di demolizione.

Ne deriva, pertanto, una natura dichiarativa l’atto di acquisizione del bene al patrimonio comunale (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 27 luglio 2017, n. 3729; Id., 10 luglio 2017, n. 3366; Id., 14 aprile 2015, n. 1884; Id., Sez. V, 11 luglio 2014, n. 3566; Id., 8 aprile 2014, n. 4213; Id., 15 luglio 2013, n. 3834; T.A.R. Campania, Sez. IV, 11 settembre 2017 n. 4346; Id., Sez. II, 12 giugno 2017, n. 3136; Id., Puglia, Sez. III, 16 febbraio 2017, n. 138) comportando l’acquisto ipso iure del bene individuato dall’ordinanza di demolizione alla scadenza del termine di novanta giorni, fissato dalla stessa ordinanza in ragione delle regole dettate dall’Ordinamento.

Questo in considerazione del fatto che l’atto di accertamento dell’inottemperanza acclara una situazione giuridica già perfezionatasi allo scadere appunto dei novanta giorni, configurandosi come titolo necessario ai soli fini dell’immissione in possesso e della trascrizione nei pubblici registri immobiliari del trasferimento della proprietà alla pubblica amministrazione, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2644 c.c.: ma in una sorte di formazione progressiva, l’ordinanza di acquisizione a patrimonio pubblico assumerà, altresì natura parzialmente anche costitutiva, qualora venisse identificata anche l’area ove realizzato il manufatto abusivo.

In questo quadro si è recentemente collocata la novella operata dal decreto-legge n. 69 del 2024, convertito dalla legge n. 105 del 2024, al comma 5, la quale consente l'alienazione del bene acquisito, sia pure a determinate condizioni e non all'autore dell'abuso:

«Nei casi in cui l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico, il comune, previo parere delle amministrazioni competenti ai sensi dell'articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990, può, altresì, provvedere all'alienazione del bene e dell'area di sedime determinata ai sensi del comma 3, nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 12, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, condizionando sospensivamente il contratto alla effettiva rimozione da parte dell'acquirente delle opere abusive. È preclusa la partecipazione del responsabile dell'abuso alla procedura di alienazione. Il valore venale dell'immobile è determinato dall'agenzia del territorio tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive.»

La sentenza n. 10429/2025 della Cassazione penale

La tematica sulla quale si sono soffermati i giudici della Suprema corte, con la sentenza n. 10429 del 17 marzo 2025, è invece relativa alla natura «eccezionale» che deve stare alla base della delibera comunale mediante la quale si acquisisce direttamente a patrimonio il bene abusivo; e infatti l’eccezionalità deve evidenziare l'esistenza di un interesse pubblico prevalente rispetto al ripristino dell'assetto urbanistico violato.

La stessa Corte, che pur essendosi già chiaramente espressa (cfr., ex multis, Sez. III, n. 3456 del 21/11/2012; Sez. III, n. 38997 del 26/09/2007; Sez. III, n. 30170 del 24/05/2017) nel ritenere che «in tema di reati edilizi, l'ordine di demolizione delle opere abusive è sottratto alla regola del giudicato, sicché ne è sempre possibile la revoca (in presenza di atti amministrativi incompatibili con la sua esecuzione) ovvero la sospensione (quando sia ragionevolmente prospettabile che, nell'arco di tempi brevissimi, la P.A. adotterà un provvedimento incompatibile con la demolizione)», con sentenza del 17 marzo 2025, n. 10429  (Cass. pen., Sez. III), ha però precisato che, proprio per l’eccezionalità, tale delibera comunale non può fondarsi su valutazioni di carattere generale o riguardanti, genericamente, più edifici coinvolti, ma debba invece dare conto di specifiche esigenze che giustificano la scelta di conservazione del singolo manufatto abusivo.

Nè può in tal senso sopperire all'esigenza di una specifica determinazione, un richiamo a mere disposizioni normative, ad altri provvedimenti o, tantomeno, a valutazioni di ordine economico, inerenti al costo delle spese di demolizione, in quanto, la natura eccezionale della deliberazione richiede che il mantenimento dell'opera abusiva sia giustificato dalla «sussistenza di esigenze specifiche, individuate sulla base di dati obiettivi riferiti al singolo caso all'esito di adeguata istruttoria» (Sez. III, n. 13746 del 29/01/2013; Sez. III, n. 11419 del 29/01/2013).

Ne deriva che l’ordinanza di acquisizione a patrimonio pubblico dell’opera abusiva e sottratta alla demolizione assumerà pertanto natura costitutiva sia per il terreno che per il realizzato manufatto abusivo.

Lato strettamente processualistico è possibile pertanto ritenere che, a fronte di una delibera comunale che dichiari la sussistenza di prevalenti interessi pubblici all'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio del comune, ostativi all'esecuzione dell'ordine giurisdizionale di demolizione, il sindacato del giudice dell'esecuzione sull’atto amministrativo, potrà avere ad oggetto anche gli approfondimenti tecnico-amministrativi che hanno fondato la specificità della decisione dell'organo comunale (Sez. 3, n. 35013 del 03/07/2024; Sez. III, n. 12529 del 14/01/2022; Sez. III, n. 9098 del 15/01/2021).

Di qui, l’esigenza di una congrua e specifica motivazione del provvedimento amministrativo che indichi - avuto riguardo anche dell’entità e della tipologia dell’abuso - il pubblico interesse salvaguardato attraverso il mantenimento e l'acquisizione del bene, non necessariamente soddisfatto tramite il rinvio alla lettera della norma.

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