L'acquisizione alla mano pubblica dell'abuso edilizio gravato da ipoteca

9 novembre 2024

Corte Costituzionale 9 ottobre 2024, n. 160

La Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 31 co. 3 - primo e secondo periodo -  del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all'ingiunzione a demolire.

La decisione della Corte tuttavia apre la strada a un contenzioso dai contorni allo stato non definiti né facilmente definibili.

 

La fattispecie

Una società è titolare, a seguito di un atto di cessione in proprio favore, di ipoteca iscritta nel gennaio 1994 sul fondo di proprietà dei debitori: otto mesi dopo l'iscrizione dell'ipoteca, il comune, nel quale è situato il fondo, trascrive il provvedimento di acquisizione gratuita al proprio patrimonio ai sensi dell'articolo 7, co. 3, della Legge 28 febbraio 1985, n. 47, corrispondente all'attuale articolo 31, co. 3, TUED. 

Posto in esecuzione il proprio diritto di credito con atto di pignoramento nei confronti del proprietario debitore nonché dell'amministrazione locale, la società creditrice si vede rigettare la propria istanza di vendita in quanto il giudice dell'esecuzione ritiene "improseguibile" l'esecuzione forzata poiché l'acquisizione al patrimonio comunale del bene abusivo aveva comportato l'estinzione dell'ipoteca iscritta sul fondo sul quale l'immobile era stato edificato.

La creditrice, opponendosi alla ricostruzione fatta dal giudice dell'esecuzione, promuove atto di opposizione agli atti esecutivi ma anche il Tribunale conferma il principio già espresso in sede di esecuzione:

"l'acquisizione al patrimonio del Comune di un immobile abusivo costituisce un modo di acquisto a titolo originario, con cancellazione di tutti i diritti reali di garanzia sul bene, senza che rilevi l'eventuale anteriorità della relativa trascrizione o iscrizione".

La controversia giunge così in Cassazione, la quale, dopo aver ripercorso puntualmente sia la disciplina susseguitasi nel tempo in merito all'acquisizione del bene abusivo al patrimonio dell'amministrazione comunale che la giurisprudenza formatasi, ritiene di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, co. 3, della Legge 28 febbraio 1985, n. 47 e, conseguentemente, dell'articolo 31, co. 3, TUED, in quanto la normativa:

  • risulterebbe in contrasto con l'articolo 3 Cost. in quanto è irragionevole prevedere che il creditore, titolare di una ipoteca iscritta sul fondo del debitore prima della trascrizione del provvedimento di acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale e non responsabile dell'abuso, perda il proprio diritto di garanzia senza avere la possibilità di partecipare al relativo procedimento amministrativo;
  • si porrebbe in contrasto con l'articolo 24 Cost. posto che il creditore verrebbe privato della tutela giurisdizionale effettiva quale è l'azione esecutiva che consente al creditore di soddisfare la propria pretesa anche in mancanza di adempimento spontaneo del debitore.

La sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Unite, dell'8 gennaio 2024 n. 583 rimette la questione al vaglio dei giudici costituzionali. 

L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale del bene abusivo nell'articolo 31, co. 3, T.U.E.D.

Prima di analizzare le conclusioni a cui giunge la Corte Costituzionale, è opportuno riepilogare la disciplina fino a questo momento vigente e la relativa giurisprudenza amministrativa e civile consolidatasi nel corso del tempo. 

La disciplina dell'articolo 31, co. 3, TUED - comprensiva delle modifiche apportate dalla Legge di conversione del 24 luglio 2024, n. 105 - prevede che:

"se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita. Il termine di cui al primo periodo può essere prorogato con atto motivato del comune fino a un massimo di duecentoquaranta giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell'immobile all'epoca di adozione dell'ingiunzione o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto di tale termine".

La disposizione trae origine dall'articolo 7, co. 3, L. 28 febbraio 1985 n. 47 (abrogato dal TUED) che prevedeva: 

"se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita".

La disciplina prevista dalle norme citate ha, fin dal suo origine, creato dubbi interpretativi e applicativi, in particolare con riguardo ai differenti effetti giuridici della fase di ingiunzione alla demolizione del bene abusivo e di quella di acqusizione gratuita in favore dell'amministrazione locale.

Soffermandoci, per quanto qui di interesse, sulla sola fase di acquisizione al patrimonio comunale, la sentenza che ha fissato il principio di acquisizione a titolo originario e alla quale si sono allineati i successivi orientamenti è quella della Corte di Cassazione, sez. III, del 26 gennaio 2006, n. 1693, la quale ha espressamente sancito che una volta che l'immobile abusivo non sia stato demolito da parte del privato proprietario o dal responsabile dell'abuso, il comune acquisisce di diritto e gratuitamente la titolarità del bene e ciò avviene a titolo originario, con conseguente decadenza di eventuali diritti di garanzia su di esso insistenti ed eventualmente vantati da soggetti terzi.

"L'ordinanza di acquisizione gratuita al patrimonio indisponibile del comune della costruzione eseguita in totale difformità o assenza della concessione, emessa dal sindaco ai sensi dell'articolo 7 l. n. 47 del 1985, che si connota per la duplice funzione di sanzionare comportamenti illeciti e di prevenire perduranti effetti dannosi di essi, dà luogo ad acquisto a titolo originario, con la conseguenza che l'ipoteca e gli altri eventuali pesi e vincoli preesistenti vengono caducati unitamente al precedente diritto dominicale, senza che rilevi l'eventuale anteriorità della relativa trascrizione e/o iscrizione. La fattispecie è assimilabile al perimento del bene, ipotesi nella quale si estingue l'ipoteca, giacché l'immobile abusivo è destinato al "perimento giuridico", normalmente conseguente alla demolizione, salva la eccezionale acquisizione al patrimonio comunale, che lo trasforma irreversibilmente in "res extra commercium" sotto il profilo dei diritti del debitore e dei terzi che vantino diritti reali limitati sul bene".

Tale impostazione è stata confermata sia dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (v. ex multis Cass. civ., sez. II, 30/01/2020, n. 2194; Cass. civ. sez. VI, 06/10/2017, n. 23453) ma che dai giudici amministrativi: entrambe hanno, a più riprese, confermato l'acquisizione a titolo originario del bene immobile abusivo e non demolito da parte del privato.

Il principio è stato altresì ribadito dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella  sentenza dell'11 ottobre 2023 n. 16, nel quale si discuteva dell'applicazione della sanzione pecuniaria conseguente all'inottemperanza dell'ordine di demolizione. 

Scandendo puntualmente il procedimento previsto dall'articolo 31 TUED in materia di ordine di demolizione, l'Adunanza Plenaria ha fissato in modo definitivo diversi principi, tra cui quello secondo cui l'accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione comporta l'acquisizione ipso iure del bene al patrimonio comunale con ciò ribadendo che con l'accertamento della inottemperanza:

"il bene si intende acquisito a titolo originario al patrimonio pubblico - con decorrenza dalla scadenza del termine fissato dall'articolo 31, salva la proroga eventualmente disposta - e di conseguenza eventuali ipoteche, pesi e vincoli preesistenti vengono caducati unitamente al precedente diritto dominicale, senza che rilevi l'eventuale anteriorità della relativa trascrizione o iscrizione (cfr. Cons. St., Sez. VII, 8 marzo 2023, n. 2459)".

L'Adunanza sancisce incontrovertibilmente il fatto che l'acquisizione gratuita del bene è una sanzione autonoma prevista l'ordinamento nei confronti di quel soggetto che dapprima realizza un immobile abusivo e, successivamente, non provvede a demolirlo. 

Sanzione che opera in modo automatico, così che l'Amministrazione non ha la possibilità di esercitare alcun potere discrezionale né tantomeno è tenuta a svolgere una qualsivoglia valutazione sull'interesse pubblico sotteso all'adozione del provvedimento di inottemperanza, trattandosi di atto dovuto e rigorosamente vincolato: anche per tali ragioni, non è richiesta alcun specifico obbligo motivazione sulle ragioni che legittimano l'Amministrazione a diventare proprietaria del bene.  

L'impianto argomentativo della decisione della Corte Costituzionale n. 160/2024

Esaminata la giurisprudenza maggioritaria sul punto, procediamo ad analizzare la sentenza della Corte Costituzionale, i cui giudici ritengono che i dubbi di costituzionalità derivano dal presupposto che la confisca edilizia venga inquadrata fra gli acquisti a titolo originario della proprietà, con conseguente possibile irragionevole sacrificio imposto al creditore ipotecario non responsabile dell'abuso e che nulla può di fronte alla notifica dell'inottemperanza all'ingiunzione.

Per rispondere al quesito, la Corte analizza anzitutto la disciplina dell'ipoteca, quale diritto di garanzia connotato dal carattere della realità e della sua accessorietà al credito, affermando che il diritto di ipoteca comporta la facoltà di: 

  • far valere la garanzia anche nei confronti dei terzi acquirenti;
  • procedere con l'espropriazione del bene vincolato al fine di soddisfare il proprio credito;
  • soddisfare la pretesa creditoria con preferenza sul prezzo ricavato in caso di vendita forzata.

Il diritto di ipoteca pertanto:

  • gode di una tutela riconducibile all'articolo 42 Cost., in quanto in caso di espropiazione per pubblica utilità è previsto un obbligo indennitario al pari degli altri diritti reali, ai sensi dell'articolo 25, co. 1, d.P.R. 8 giugno 2001 n. 327;
  • è tutelato dall'articolo 24 Cost., essendo una garanzia accessoria al credito, ed è volto ad assicurare una tutela preferenziale del credito in sede esecutiva.

Espressi tali principi, la decisione prosegue esaminando la funzione della confisca edilizia al fine di accertare se vi possono essere delle condizioni capaci di limitare il diritto reale di garanzia.

La Corte ritiene che:

  • da una parte, il proprietario dell'immobile totalmente estraneo all'abuso e non nella materiale disponibilità del bene, non può perdere la titolarità dello stesso, non ricorrendo i presupposti per l'acquisizione gratuita. In questo caso la funzione ripristinatoria dell'interesse pubblico violato dall'abuso si riduce alla sola possibilità di demolizione a carico del comune, tenuto a darvi esecuzione;
  • dall'altra, richiamando la sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16/2023, vista la finalità afflittiva dell'acquisizione gratuita, anche il nudo proprietario che non ha realizzato l'abuso è obbligato ad ottemperare l'ordine di demolizione con conseguente confisca edilizia in caso di inottemperanza. 

Sulla base di queste considerazioni, i giudici costituzionali affermano che appare dunque irragionevole che l'automatica acquisizione al patrimonio comunale del bene possa comportare l'estinzione del diritto di ipoteca nei confronti di un soggetto terzo, estraneo sia alla realizzazione dell'abuso che all'obbligo di adempiere al relativo ordine di demolizione

E ciò, anche al di fuori dei casi in cui il creditore abbia iscritto ipoteca sul terreno o sia divenuto cessionario del diritto prima della realizzazione dell'immobile abusivo. 

La Corte riprende poi la normativa in materia di circolazione dei diritti reali sugli immobili abusivi, richiamando l'articolo 46 co. 1 TUED:

1. Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù.

La ratio della norma è evidentemente volta ad offrire una particolare protezione ai soggetti titolari di diritti reali di garanzia sul presupposto che ad essi non possa opporsi la tutela dei traffici giuridici ed il contrasto alle finalità speculative, insite nella disciplina di repressione dell'abusivismo che giustifica la nullità degli atti di cui al citato articolo. 

Infine, la Corte, sempre a sostegno della propria tesi, ritiene che l'immobile abusivo non demolito rientri nel patrimonio disponibile del comune, in quanto:

  • l'articolo 7 della L. 47/1985, così come l'articolo 31 TUED, non ha riprodotto quanto precedentemente disposto dall'articolo 15 co. 3 L.10/1977, secondo cui l'acquisizione del bene abusivo rientrava nel patrimonio indisponibile in linea con il necessario utilizzo dello stesso per finalità pubbliche;
  • la disciplina attuale prevede in via eccezionale il mantenimento del bene per prevalenti interessi pubblici (articolo 31 co. 5 TUED);
  •  la disciplina introdotta con il D.L. 29 maggio 2024 n. 69, convertito con L. 24 luglio 2024 n. 105, all'articolo 31 co. 5, prevede che all'amministrazione è rimessa la facoltà di alienare i beni confiscati.

Di contro, ove il comune dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento dell'immobile, il titolare del diritto di ipoteca vedrà estinguersi il proprio credito senza nulla opporsi.

Il deliberato della Corte

Alla luce delle considerazioni esposte, la Corte Costituzionale dichiara

l'illegittimità costituzionale dell'articolo 7, co. 3, L. 47/1985 e, conseguentemente, dell'articolo 31, co. 3, TUED nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell'abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell'atto di accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire.

Alcune riflessioni sulla decisione della Corte

Ben si comprende la portata innovativa ed applicativa di tale sentenza nella misura in cui travolge il panorama fino ad ora delineato dalla giurisprudenza civile ed amministrativa. 

Non può tuttavia ignorarsi che le conclusioni a cui giunge la Corte affacciano in ordine a contenziosi tra i privati titolari di diritti di ipoteca e le amministrazioni locali, le quali, fino ad oggi, hanno provveduto ad esercitare il loro potere acquisendo gratuitamente il bene abusivo al patrimonio una volta accertata l'inottemperanza all'ordine di demolizione, in applicazione della natura vincolata del potere esercitato: nessun'altra indagine discrezionale gli enti locali sono infatti tenuti a svolgere al di fuori di quanto previsto dalla disciplina dell'articolo 31 TUED. 

La Corte Costituzionale invece sembra porre sullo stesso piano il generale e prevalente interesse pubblico ad un ordinato sviluppo urbanistico ed edilizio del territorio - al fine di contrastare l'abusivismo edilizio - ed il diritto reale di garanzia di cui è titolare il soggetto privato.

Con tutto il rispetto per la Corte, il richiamo all'articolo 46 co. 3 TUED convince poco.

Un conto sono, infatti, i rapporti tra soggetti privati (siano essi acquirenti/venditori di immobili che titolari di diritti di credito) altro conto è l'esercizio del potere delle pubbliche amministrazioni che, in materia di governo del territorio, è volto a:

  • controllare l'attività edilizia ed urbanistica posta in essere dai cittadini;
  • dissuadere dalla commissione di illeciti abusivi;
  • ordinare la rimessione in pristino qualora l'intervento sia in contrasto con la normativa di settore.

In questo modo è difficile comprendere che cosa accade, ora, al bene immobile abusivo e non demolito da parte del responsabile e sul quale sussiste un diritto di ipoteca. 

Non si comprende se l'amministrazione sia tenuta a svolgere previamente un'indagine in tal senso sul bene né se, per acquisire il bene, a questo punta debba dichiarare l'interesse pubblico al suo mantenimento.

Peraltro, il fatto che la nuova normativa consenta, se l'amministrazione lo ritiene opportuno, la vendita forzata del bene non significa che automaticamente il bene rientri nel patrimonio disponibile del comune: l'alienazione del bene, come anche la funzione pubblica che potrebbe rivestire l'immobile, è una facoltà rimessa alla discrezionalità della pubblica amministrazione, la quale non è tenuta nemmeno a motivare una scelta siffatta.

Si aggiunga, ancora, che non prevedere l'acquisizione automatica del bene in capo all'amministrazione qualora vi siano diritti reali di garanzia, quale l'ipoteca, sposta il dovere di demolire l'immobile abusivo da un soggetto privato (quale il responsabile dell'abuso o il proprietario dell'immobile abusivo) ad altro soggetto privato (quale è il titolare dell'ipoteca che è pur sempre estraneo all'abuso).

Peraltro, non consentire l'acquisizione del bene al patrimonio del comune per la sussistenza di un diritto di ipoteca pone un problema anche in merito agli effetti del precedente ordine di demolizione non eseguito: non si comprende se il titolare del diritto di credito possa comunque svolgere istanza di sanatoria, ove ricorrano i presupposti, o sia ad esso precluso. 

Inoltre, ci si chiede cosa possa accadere qualora l'immobile non sia sanabile. 

Una (prima) conclusione

La sentenza della Corte Costituzionale ha sicuramente una portata innovativa capace di ridisegnare l'intera disciplina dell'abusivismo edilizio.

Essa lascia tuttavia senza risposta più di una domanda, circostanza che affaccia la possibilità di una moltiplicazione del contenzioso in materia, costringendo i giudici di merito ad individuare le strade da percorrere.

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