Piani attuativi e poteri di non approvazione delle amministrazioni locali

7 agosto 2019

T.A.R. Lombardia, Brescia, 3 gennaio 2019, n. 5

La fattispecie

Nel febbraio 2018 il Consiglio Comunale di Ranica (Bergamo) rigetta la proposta di un Piano Attuativo relativa ad un ambito di trasformazione previsto dal vigente Piano di Governo del Territorio.

Rivolgendosi al TAR Lombardia, la lottizzante contesta la violazione degli artt. 13 e 14 della L.R. n. 12/2005 e dell’art. 3 della L. n. 241/1990, in quanto l’unico ostacolo emerso – relativo alla tempistica della cessione di 38.000 mq del Parco Agricolo al Comune – non sarebbe a suo avviso sufficiente a giustificare il diniego dell'A.C., essendo il progetto del tutto conforme allo strumento urbanistico.

Il T.A.R. rigetta il ricorso rilevando sinteticamente che la questione relativa alla cessione delle aree è tutt'altro che secondaria e che quindi l'AC poteva ben rifiutare l'approvazione fosse anche solo per questo motivo.

Se sotto questo aspetto la sentenza dei giudici bresciani non presenta elementi di novità, è il passo che precede che può creare qualche imbarazzo in chi ritiene che l'espressione "attuativi" associata a "piani" esprima la totale aderenza degli strumenti urbanistici di secondo livello rispetto a quelli di primo livello, ossia ai Piani Regolatori Generali di ieri e ai Piani di Governo del Territorio di oggi e, conseguentemente, che così come non vi sia discrezionalità nel decidere se rilasciare o meno un permesso di costruire, non ve ne sia nell'approvare un piano attuativo conforme allo strumento urbanistico.

In via preliminare - e la circostanza non è da sottovalutare - il T.A.R. ricorda

che in sede di approvazione di un piano attuativo all’Amministrazione comunale spetta un’ampia discrezionalità valutativa, che non verte solo sugli aspetti tecnici della conformità o meno del piano attuativo agli strumenti urbanistici di livello superiore, ma coinvolge anche l’opportunità di dare attuazione, in un certo momento e a determinate condizioni, alle previsioni dello strumento urbanistico generale, sussistendo fra quest’ultimo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza.

La pianificazione attuativa costituisce infatti, prosegue la sentenza,

pur sempre espressione della potestà pianificatoria, seppur declinata in ottica più specifica e operativa, con la conseguente sussistenza dei margini di discrezionalità che ad essa si correlano.

Se la decisione di approvare un piano attuativo (recte, di dare attuazione allo strumento urbanistico) rientra nell’ampia discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione, la conseguenza - sotto il profilo dell'azione giurisdizionale - è che la scelta operata è sottratta al sindacato di legittimità, non potendo il giudice amministrativo interferire con le decisioni riservate all’Amministrazione.

Nessuna possibilità, dunque, di procedere ad un esame del merito della scelta dell'AC ("pianificatoria", in sentenza) se non nei limiti della verifica della manifesta irragionevolezza, illogicità ovvero arbitrarietà della stessa.

I precedenti

La decisione del T.A.R. Brescia non è per nulla isolata ed anzi riprende e consolida un indirizzo radicato nel tempo.

Rimanendo in ambito lombardo, si pensi a T.A.R. Lombardia, Milano, sezione II, 6 maggio 2019 n. 1022 e a T.A.R. Lombardia, Milano, sezione II, 1 febbraio 2019 n. 222.

Pur emesse in fattispecie non perfettamente identiche a quella del T.A.R. Brescia (la prima a un piano attuativo in variante, la seconda a un piano attuativo in variante ad avviso dell'AC ma non del proponente), entrambe affermano che i poteri delle amministrazioni comunali in sede di esame di un piano attuativo si spingono sino a coinvolgere la scelta di dare attuazione -  "in un certo momento e a determinate condizioni" - allo strumento urbanistico generale.

In questo senso, d'altro canto, si era già espresso il Consiglio di Stato, sezione  quarta, che nella decisione n. 1508 del 3 aprile 2017  (cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 ottobre 1997, n. 1223) aveva ben sintetizzato l'estensione del sindacato sull'istanza di approvazione di piani attuativo come estesa al "qui e ora", così che la pianificazione attuativa costituisce, al pari del p.r.g., espressione della potestà pianificatoria, seppure declinata in ottica più specifica, che come tale impone all'ente

la contestuale ponderazione di molteplici e potenzialmente contrastanti interessi anche non strettamente urbanistici ed è, pertanto, innervata da valutazioni eminentemente discrezionali in ordine non solo al quomodo, ma pure al quando.

Estremamente circoscritti - se non nulli - sono quindi i poteri del Giudice quando l'ente locale 

abbia esternato i motivi sottesi alla scelta di non procedere, qui ed ora, all’adozione della pianificazione di dettaglio.

Ancora, T.A.R. Liguria Genova, sezione I, 26 luglio 2016, n. 886 , T.A.R. Lombardia Brescia, sezione I, 12 gennaio 2016, n. 23Cons. Stato, sezione IV, 19 settembre 2012, n. 4979, e T.A.R. Lombardia Brescia, sezione I, 1 giugno 2007, n. 480, i quali ribadiscono che

l'approvazione del piano di lottizzazione non è atto dovuto, pur se conforme al piano regolatore generale

Il rapporto tra piani attuativi e piano regolatore

Ciò detto, tutto si sposta sul rapporto tra piani attuativi e strumento di pianificazione generale.

Premesso che il comma 12 dell'articolo 28 L.U. riconosce al Comune il potere di apportare modificazioni al piano di lottizzazione, torna utile la ricostruzione fatta nel 2004 da Longo a commento di Cons. Stato, sezione IV, 2 marzo 2004 n. 957 (I poteri del Comune in ordine alla proposta di piano di lottizzazione, in Foro amministrativo - CDS, 2004, 1734).

Se neppure la preesistenza di un piano di lottizzazione approvato e già convenzionato costituisce, di per sè, ostacolo alla modifica delle previsioni urbanistiche vigenti, bisogna concludere che l'approvazione del piano non è atto dovuto pur se conforme allo strumento urbanistico generale, costituendo sempre espressione del potere discrezionale dell'autorità chiamata a valutare l'opportunità di di dare attuazione ("in un certo momento del tempo ed in certe condizioni") alle previsioni dello strumento urbanistico.

C'è infatti

fra quest'ultimo e gli strumenti urbanistici un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di formale coincidenza, di modo che l'attuazione dello strumento generale può, per evidenti ragioni di opportunità, essere articolata per tempi, o per modalità, in relazione alle esigenze dinamiche che si manifestano nel periodi di vigenza dello strumento generale.

Il fatto che, come ha sottolineato T.A.R. Lombardia, Brescia, n. 480/2007 cit.,  nell'elaborazione del piano di lottizzazione i privati si sostituiscano all'Amministrazione nella pianificazione esecutiva, non significa che questa sia esautorata nella funzione, ben potendo  recuperarla nelle scelte discrezionali ritenute maggiormente conformi all'interesse pubblico, cosicché l'adozione del piano non può avere come conseguenza automatica la sua approvazione.

Nè i lottizzanti acquistano, in ragione dell'adozione,

una posizione privilegiata e pertanto l'affidamento ingenerato nel lottizzante in virtù dell'adozione del progetto non osta al diniego di approvazione assunto sulla base di una nuova e più approfondita analisi delle circostanze preesistenti, dando atto delle ragioni di tale scelta (cfr. Tar Lombardia, Milano, 3 giugno 2003, n. 2429; id. 18 luglio 2002, n. 3197; id. 2 ottobre 1998, n. 4378).

In conclusione: l'evoluzione dei piani attuativi e i principi fondanti la pianificazione urbanistica

In conclusione.

La sentenza T.A.R. Lombardia, Brescia, 3 gennaio 2019, n. 51, può stupire solo chi non abbia contezza del fatto che l'evoluzione della normativa urbanistica in sede regionale non tocca i principi generali su cui si fonda la legge urbanistica e, più in generale, le fonti della pianificazione territoriale.

L'equivoco, se di equivoco si può parlare, nasce con ogni probabilità dal fatto che se un tempo la pianificazione di secondo livello era per sua natura conforme alla pianificazione generale e solo eccezionalmente in variante a questa, oggi la situazione è spesso ribaltata.

Può dunque parere curioso che, a fronte di una ampia possibilità di variare lo strumento urbanistico, residui un così forte potere discrezionale in ordine a piani attuativi conformi allo strumento generale, ma l'ampliamento, anche nei contenuti, delle forme di pianificazione non significa degradare gli strumenti di secondo livello al rango di titoli edilizi, trattandosi pur sempre di forme di pianificazione.

Il che dovrebbe supportare le amministrazioni locali nel pur legittimo e quotidiano confronto con gli operatori economici.

Crediti: su segnalazione del dr. Giuseppe Parente.

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