Convenzioni urbanistiche: presupposti per la restituzione degli oneri di urbanizzazione.

5 marzo 2018

TAR Lombardia, Milano, sez. II, 28 febbraio 2018 n. 596

Diversamente dal caso in cui il richiedente abbia inteso sottrarsi volontariamente ad una convenzione urbanistica vigente, nel caso in cui la convenzione sia scaduta e nessuna opera realizzata, l'AC è obbligata alla restituzione delle somme ricevute a titolo di oneri di urbanizzazione, restando indifferente la circostanza che le stesse siano state impiegate per opere pubbliche.

Sottoscritta una convenzione urbanistica avente ad oggetto la realizzazione di una serie di opere a servizio del tratto autostradale A4 Torino-Venezia, in esito alla quale aveva versato somme a titolo di contributo di costruzione (oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e contributo sul costo di costruzione) per un totale di euro 1.222.330,91, Autostrade per l'Italia s.p.a. chiede al Comune di Novate Milanese la restituzione di dette somme per non avere mai eseguito gli interventi di cui alla convenzione e al successivo titolo edilizio.

A fronte del rifiuto dell'amministrazione, la società si rivolge al TAR Lombardia chiedendo la restituzione della somma o, in subordine, l’accertamento dell’indebito arricchimento per aver senza giusta causa incamerato le somme versate a titolo di contributo di costruzione.

Con la sentenza in epigrafe il TAR Lombardia accoglie il ricorso ritenendo fondato il primo motivo, nel quale Autostrade per l'Italia ha dedotto la duplice violazione:

  • dell’art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001 [link]
  • dell’art. 43 della legge regionale n, 12 del 2005 [link].

Assume il TAR che il motivo sia fondato in quanto, essendo il contributo di costruzione strettamente correlato alla trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e, dunque, al concreto esercizio della facoltà di costruire, esso non è dovuto in caso di rinuncia o, comunque, di mancato utilizzo del permesso di costruire, con conseguente obbligo della pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 2033 cod. civ., di restituire le somme eventualmente incamerate a tale titolo (cfr. fra le tante, TAR Campania Salerno, sez. I, 31 gennaio 2017, n. 179).

E' indifferente, afferma il TAR, che le somme siano state versate in forza di convenzione, piuttosto che di titolo edilizio.

Vanno infatti distinte due fattispecie:

  • quella in cui il richiedente abbia inteso sottrarsi volontariamente alla convenzione;
  • quella in cui la convenzione sia scaduta.

Del primo caso si sono occupate le decisioni della medesima sezione 21 maggio 2013, n. 1337 e 11 maggio 2015, n. 1137, che hanno negato la possibilità per il soggetto attuatore di sottrarsi dall’obbligo di corresponsione del contributo di costruzione mediante atto di rinuncia alla convenzione urbanistica.

In particolare, nella sentenza n. 1337 del 2013

si è rilevato che la rinuncia alla convenzione urbanistica costituisce in realtà un vero e proprio atto di recesso dall’accordo contrattuale in violazione dell’art. 1372, primo comma, cod. civ., e dell’art. 21-sexies della legge n. 241 del 1990. E una volta negata la possibilità di recesso unilaterale, ed una volta constatata quindi la perdurante vigenza della convenzione, si è escluso che il versamento del contributo di costruzione fosse divenuto privo di causa: il pagamento trovava invero la propria giustificazione nel fatto che la convenzione era ancora vigente e che quindi, non era venuta meno la possibilità per il privato di attuare l’intervento di trasformazione del territorio che ne costituiva oggetto.

Ancora più marcata la differenza della fattispecie rispetto quella esaminata nella sentenza n. 1137 del 2015 la quale - per negare la possibilità di sottrarsi all’obbligo di realizzazione delle opere a scomputo oneri - ha utilizzato un’altra argomentazione decisiva:

l’intervenuta realizzazione delle opere di interesse privato.

I principi affermati in queste sentenze non possono, ovviamente, essere utilmente invocati nel caso di specie il quale si caratterizza per due elementi che lo diversificano da quelli in precedenza considerati:

  • l’assoluta mancata realizzazione di ogni opera prevista dalla convenzione;
  • l’impossibilità per il soggetto attuatore, stante l’intervenuta scadenza dei termini previsti dalla convenzione stessa, di realizzare le opere private di suo interesse.

Il contributo di costruzione, sottolinea il TAR,

non può essere considerato alla stregua di un corrispettivo sinallagmatico correlato al trasferimento al privato del diritto di costruire, corrispettivo da ritenersi comunque dovuto anche se il privato stesso ometta poi di sfruttare il diritto acquisito.

Se la possibilità di edificare, come ha chiarito la Corte costituzionale sin dalla sentenza n. 5 del 1980, non è altro che una facoltà che inerisce al diritto di proprietà, mentre la funzione del contributo di costruzione è quella di far compartecipare colui che ponga in essere un’attività di trasformazione del territorio determinante incremento del carico urbanistico alle spese necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, la convenzione urbanistica svolge il ruolo, non già di fonte dell’obbligo, ma di regolazione dello stesso per quanto concerne il quantum ed il quomodo.

L'obbligo del versamento degli oneri di urbanizzazione trova dunque la propria fonte direttamente nella legge la quale a sua volta lo pone in stretta correlazione all’attività di trasformazione del territorio: una volta escluso che la trasformazione del territorio possa attuarsi, il pagamento del contributo di costruzione diviene privo di causa, quantunque esso sia previsto e disciplinato da una convenzione urbanistica.

Poteva il Comune di Novate Milanese sottrarsi alla restituzione delle somme avendole impiegate nel finanziamento di attività di pubblico interesse? No, risponde il TAR Lombardia, perchè l’art. 2033 cod. civ.

non ammette deroghe all’obbligo di restituzione del pagamento indebitamente ricevuto, e ciò neanche quando la fonte dell’obbligazione, in origine esistente, venga meno in un secondo momento.

Interessanti le due puntualizzazioni poste a conclusione della decisione in esame in ragione dell'elemento della buona fede dell'A.C.

La prima riguarda gli interessi, che il TAR dichiara dovuti a decorrere dal giorno della domanda e non del pagamento delle somme. 

La seconda la facoltà di agire per l'AC di agire per ottenere il risarcimento dei danni qualora dimostri che la parte privata si sia comportata in maniera sleale, ledendo un suo legittimo affidamento.

La sentenza TAR Lombardia, Milano, sez. II, 28 febbraio 2018 n. 596, è disponibile sul sito della Giustizia Amministrativa a questo indirizzo.

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