I meta tag nei tribunali italiani: i casi Genertel e Technoform.
Il lavoro - pubblicato nel 2003 su Italiano Scritto - analizza due delle principali pronunce della giurisprudenza italiana sulla legittimità dell'uso, all'interno dei meta tag, di parole chiave corrispondenti a marchi registrati, cioè se sia corretto inserire fra le parole chiave di una pagina web parole che rinviano ad aziende concorrenti in modo da avvantaggiarsi del nome altrui per convogliare sul proprio sito i navigatori che digitano sui motori di ricerca la parola chiave dell'azienda concorrente.
Introduzione
Le questioni giuridiche connesse all'uso nel tag meta 'keywords' di parole chiave corrispondenti a marchi registrati sono approdate nelle aule dei tribunali italiani in più di un caso.
Il più noto, risalente al gennaio 2001, è quello di Genertel (marchio di Trieste Venezia Assicurazioni S.p.A., società del gruppo Generali) contro Crowe Italia, rappresentante per l'Italia di uno dei sindacati dei Lloyd's di Londra .
Più recente (febbraio 2002) è quello di Technoform (marchio di Technoform Caprano Brunnhofer Ohg e Technoform Bautec Italia) contro Alfa Solare.
La fattispecie è identica: le società titolari dei marchi registrati hanno contestato l'uso dei marchi di loro proprietà da parte di società concorrenti che, in pagine web nelle quali non si faceva riferimento alle società titolari, avevano inserito quei marchi nel meta tag 'keywords', in modo da far comparire quelle pagine fra i risultati dei motori di ricerca (più avanti vedremo le differenze fra alcuni motori di ricerca).
Diversi i profili giuridici delle contestazioni:
- concorrenza sleale, nel caso Genertel;
- concorrenza sleale e contraffazione di marchio, nel caso Technoform.
Concorrenza sleale e contraffazione di marchio: definizione
Il marchio è un bene immateriale costituito da un "emblema o da una denominazione e destinato a distinguere merci o prodotti della propria impresa".
Il titolare del marchio d'impresa registrato ha la facoltà di usare in esclusiva il marchio e vietare "ai terzi di apporre il segno sui prodotti o sulle loro confezioni; di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire i servizi contraddistinti dal segno".
Concorrenza sleale significa avvalersi "direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda".
Le argomentazioni di Generali Assicurazioni e di Technoform
Generali Assicurazioni lamenta la violazione delle disposizioni in materia di illecito concorrenziale in quanto:
"qualora l'utente di internet [...] digiti, tramite il motore di ricerca Virgilio ma la stessa cosa accade per i motori di ricerca Godado e Altavista , quale parola per la ricerca, , tra i risultati compare anche l'indicazione del sito della concorrente Crowe Italia, attiva dal 1998 nel mercato assicurativo";
visualizzando il file sorgente della pagina HTML della Crowe Italia appaiono "etichette nascoste" e cioè parole che se digitate dall'utente per la ricerca conducono a Crowe Italia.
Più decisa, nel senso di meno correlata al risultato offerto dai motori di ricerca, è la tesi di Technoform (Tribunale di Milano), la quale afferma che l'uso del marchio altrui all'interno dei meta tag configura, al di là dell'illecito concorrenziale, una violazione del diritto di esclusiva del titolare del marchio stesso.
Le motivazioni del Tribunale di Roma (caso Genertel)
Il Tribunale di Roma:
- evidenzia come "l'uso, da parte di Crowe Italia, quale meta tag, della parola Genertel, [...] dipende esclusivamente dallo scopo [...] di far comparire, tra i risultati dei motori di ricerca dell'utente della rete, il proprio sito e, dunque, la propria presenza sul mercato dell'assicurazione;
- sottolinea come "la semplice conoscenza, da parte dell'utente di internet, dell'esistenza di altri prodotti o servizi comparabili con quelli della società istante [...] è idonea a influenzare la scelta del consumatore";
- conclude ritenendo prevalente l'esigenza "che ciascun imprenditore, nella lotta con i concorrenti per l'acquisizione di più favorevoli posizioni di mercato, si avvalga di mezzi suoi propri e che non tragga invece vantaggio, in maniera parassitaria [...] dall'effetto di 'agganciamento' ai risultati dei mezzi impiegati da altri", nel rispetto delle finalità proprie dell'art. 2958 n. 3 c.c.
In altre parole:
- l'art. 2958, n. 3, c.c. qualifica concorrenza sleale l'uso di mezzi non conformi ai principi della correttezza professionale ed idonei in concreto a produrre danni al concorrente;
- l'art. 2958, n. 3, c.c. tratteggia una clausola generale priva di contenuti determinati che il giudice è chiamato a specificare di volta in volta al giudice "secondo l'evolversi della vita economica e sociale"; poiché Genertel ha investito e investe notevoli somme nella diffusione del proprio marchio, l'uso dello stesso all'interno dei meta tag della pagina web del concorrente Crowe Italia altera la corretta concorrenza attraverso elementi che non dipendono dalla qualità del prodotto e dalla originalità o economicità del sistema di produzione, ma dall'appropriazione del risultato di un'attività altrui.
Le motivazioni del Tribunale di Milano (caso Technoform)
Il Tribunale di Milano:
- nega che Alfa Solare abbia contraffatto il marchio Technoform perché afferma inserire la parola 'Technoform' fra i meta tag non incide sulla correttezza del messaggio promozionale al pubblico; ritiene che l'uso del marchio 'Technoform' nei meta tag di Alfa Solare sia concorrenza sleale perché afferma:
- chi digita 'Technoform' intende verosimilmente contattarla direttamente;
- chi, avendo digitato 'Technoform' e avendo trovato un altro sito, può ritenere che fra quel sito e la Technoform vi sia qualche forma di collegamento, per esempio societario o di collaborazione; il potere promozionale del marchio 'Technoform' viene ridotto dal vantaggio che, usandolo, ne trae la concorrenza.
Non tutti i motori di ricerca sono motori di ricerca
Nelle decisioni dei Tribunali di Roma e Milano stupiscono i passaggi nei quali alcune circostanze relative al web e al suo funzionamento vengono date assolutamente per scontate.
E precisamente:
- il fatto che Virgilio, Altavista e Godado siano motori di ricerca;
- il fatto che tutti i motori di ricerca usino i meta tag per indicizzare le pagine web;
- il fatto che i meta tag 'keywords' garantiscano da soli un buon posizionamento nei motori di ricerca di ultima generazione.
Vediamo più da vicino le caratteristiche dei tre motori di ricerca del caso Genertel/Crowe:
- Altavista è un motore di ricerca che assegna un notevole rilievo ai meta tag;
- Godado è un motore di ricerca che fornisce elenchi di siti attingendo da un database:
- di siti iscritti a pagamento;
- dei siti archiviati;
- Virgilio non è un motore di ricerca ma una directory, ossia fornisce un elenco di siti suddivisi per tipologia. Poiché i siti vengono catalogati dal personale in base ai contenuti di ogni sito, i meta tag sono ignorati.
Si deve concludere che:
- uno solo di questi motori di ricerca usa i meta tag (Altavista);
- gli altri due o sono dichiaratamente servizi a pagamento o non usano i meta tag.
Il Tribunale, nell'esaminare il ricorso, avrebbe potuto approfondire questa circostanza, quantomeno per evitare di creare un precedente o, meglio ancora, proprio per crearne uno ben fondato. Poteva cioè incaricare un consulente di indagare sugli effetti concreti dell'inserimento della parola corrispondente al marchio altrui solo sui motori di ricerca, e non sulle directory.
L'inserimento tra i meta tag di un marchio altrui è di per sé un comportamento illegittimo?
Queste considerazioni perdono interesse se si ritiene, come Technoform, che il semplice uso del marchio altrui all'interno dei meta tag sia di per sé illecito, in quanto viola i diritti di esclusiva del marchio.
Il Tribunale, del tutto correttamente, non ha accolto il profilo.
La correttezza della decisione del Tribunale di Milano si può dimostrare considerando che l'uso del marchio altrui all'interno del meta tag 'keywords' non configura di per sé un potenziale disturbo alla capacità di catalizzare l'attenzione della clientela.
L'utente che ha effettuato la ricerca utilizzando il marchio incriminato (nel nostro caso 'Genertel' e 'Technoform') viene in qualche modo "sviato" dalla presenza di pagine che presentano l'attività di altre organizzazioni, fra quelle che rispondono alla sua ricerca? Se la risposta fosse sì, costituirebbero violazione dei diritti di esclusiva del marchio anche (e l'elenco non è ovviamente esaustivo):
- le pagine web di società non titolari del marchio che i motori di ricerca restituiscono in una posizione privilegiata per contratto di sponsorizzazione;
- le pagine web di società non titolari del marchio che i motori di ricerca associano a marchi registrati per il semplice fatto che il marchio è collegato ad altre parole presenti nel database del motore di ricerca (es.: se a 'Genertel' è associata 'assicurazioni' e ad 'assicurazioni' è associata anche un'azienda diversa da Generali, il motore restituisce anche le pagine di questa azienda, senza che questa azienda abbia fatto nulla per comparire);
una pagina web che, comparando i prodotti di un'azienda concorrente, abbia fra i meta tag il marchio della concorrente (pubblicità comparativa).
In questi casi l'uso del marchio altrui è, in tutta evidenza, legittimo.
Conclusioni
I Tribunali di Roma e di Milano affermano senza dubbio che l'uso tra i meta tag di termini corrispondenti a marchi altrui:
- costituisce un comportamento scorretto sotto il profilo dell'etica imprenditoriale;
- tale comportamento configura illecito concorrenziale ai sensi dell'art. 2598, n. 3, indipendentemente dai risultati forniti dai motori di ricerca.
Altrettanto chiaramente il Tribunale di Milano esclude che l'uso tra i meta tag di termini corrispondenti a marchi altrui possa essere considerato anche contraffazione del marchio, cioè una violazione del diritto di esclusività (Regio Decreto 21.6.1942 n. 929). Questa presa di posizione:
- non coincide con le posizioni tradizionali della dottrina che qualifica violazione del diritto di esclusività anche la mera potenzialità dello sviamento della clientela;
- ha il pregio di evitare le conseguenze paradossali a cui condurrebbe l'applicazione stretta dei principi elaborati ante internet dalla dottrina.
Possiamo quindi concludere che:
- internet non è, come vorrebbe qualcuno, un'enorme riserva di caccia regolata da alcune rigidissime norme fissate da pochi, ma un territorio, anche semantico, in continua evoluzione e definizione;
- il codice civile contiene tutti i principi necessari a regolare le controversie legate ad internet; l'applicazione dei principi contenuti nel corpo civilistico deve essere tuttavia valutata caso per caso, evitando percorsi dottrinari pur rispettabilissimi ma che sarebbero stati tratteggiati diversamente se gli autori avessero avuto conoscenza della realtà, concretissima, del web.