Fiscalizzazione dell'abuso edilizio e silenzio assenso
Consiglio di Stato, sezione II, 13 dicembre 2024, n. 10076
La fiscalizzazione in edilizia
Per ^fiscalizzazione^ in edilizia si intende il pagamento di una sanzione pecuniaria in sostituzione della esecuzione dell'ordine di rimozione di interventi privi di titolo e ripristino dello stato dei luoghi.
Il Testo Unico dell'Edilizia prevede tre ipotesi di fiscalizzazione:
- interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità, qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile (articolo 33, comma 2);
- interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità (articolo 34, comma 2);
- interventi eseguiti in base a permesso annullato e, quindi, privi di titolo, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino (articolo 38, comma 1).
Nei primi due casi, la fiscalizzazione non costituisce un equivalente all'ottenimento di un titolo in sanatoria ai sensi dell'articolo 36, nè comporta l'estinzione del reato di abuso edilizio, prevista - a norma dell'articolo 45 del d.P.R. 380/01 - unicamente in presenza del rilascio di un titolo in sanatoria.
Solo nel terzo caso il legislatore prevede che l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria produca i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36, con la specificazione che la procedura di fiscalizzazione dell'abuso edilizio non si applica agli interventi con permesso in sanatoria dichiarato illegittimo dal giudice penale (Cassazione penale, sez. III, 02/02/2023, n.11783).
La fattispecie all'attenzione del Consiglio di Stato
In una vicenda complessa che in questa sede non interessa ripercorrere, il Consiglio di Stato, sezione II, viene investito del ricorso nei confronti della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, sezione I, 3 maggio 2024, n. 312, con la quale erano stati respinti i ricorsi proposti contro un diniego di fiscalizzazione ex art. 38 T.U.E.D. e l’ordinanza di demolizione emessi rispetto a un capannone utilizzato come autofficina e realizzato in base a un permesso di costruire annullato con sentenza passata in giudicato.
Tra i motivi del ricorso vi era quello della illegittimità dell'ordinanza di demolizione e remissione in pristino in quanto emessa senza tenere conto del silenzio assenso pretesamente formatosi ai sensi dell’articolo 20 l. n. 241 del 1990 sull'istanza ex articolo 38 del Testo Unico dell'Edilizia.
Art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato
1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato.
Sul punto, il TAR Umbria si era espresso escludendo che il silenzio dell’Amministrazione competente protratto oltre i termini di conclusione del procedimento potesse assurgere a “silenzio assenso”, rimanendo piuttosto nel perimetro di un “silenzio inadempimento”, con eventuale legittimazione dell’interessato ad agire ai sensi 117 cod. proc. amm.
In disparte i diversi perimetri delle normative coinvolte, sottolineva il TAR che "la sanatoria di un abuso edilizio postula sempre una valutazione espressa dovendo gli uffici comunali valutare ed esprimersi specificamente su ciascuna difformità edilizia, in ottemperanza al d.P.R. n. 380 del 2001".
L'istituto del silenzio assenso in edilizia
L'istituto denominato “silenzio-assenso” risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l'inerzia decisoria “equivale” ad un provvedimento di accoglimento (Caponigro, 2020).
Ricorrendone i presupposti, il titolo abilitativo:
- si perfeziona, secondo un primo orientamento, anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge (Consiglio di Stato, sez. IV , 26/04/2024, n. 3813; id. sez. VI, 13/03/2024, n. 2459; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 27/02/2024, n. 518);
- non si perfeziona, secondo altro orientamento, nell'ipotesi in cui sia assente il requisito della conformità dell'intervento agli strumenti urbanistici ed alle disposizioni normative (Consiglio di Stato sez. IV, 01/09/2022, n. 7631; T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 02/07/2024, n. 4074), tra cui la mancanza di completezza della documentazione necessaria (T.A.R. Veneto, Venezia, sez. II, 18/06/2024, n. 1483).
In disparte la questione, è consolidato invece l'orientamento secondo il quale in materia edilizia l’istituto del silenzio assenso non è regolato direttamente dall’articolo 20 della legge n. 241 del 1990, ma è soggetto a una disciplina speciale, che ne definisce ambito e condizioni di applicazione (in questi termini, tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, n. 113/2019 e n. 1767/2014).
A supporto delle ragioni alla base dell'orientamento, la sentenza del Consiglio di Stato si premura di indicare alcune ricorrenze normative, quali:
- l’articolo 20, comma 8, T.U.E.D. il quale da un lato esige che il diniego, per
poter inibire la formazione dell’assenso tacito, debba essere “motivato”, dall’altro esclude che l’istituto si applichi laddove l’immobile o l’area in cui questo si trova siano sottoposti a vincoli, nonché quando vi siano state richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase; - l’articolo 36, comma 3, T.U.E.D. il quale stabilisce che l’inerzia del competente ufficio comunale sull’istanza di accertamento di conformità comporta che questa s’intende rifiutata;
- gli articoli 31 e seguenti della l. 47/1985, l’articolo 39 della l. 724/1994, e l’articolo 32 del d.l. 269/2003, convertito con modificazioni in l. 326/2003, in punto silenzio assenso sull’istanza di condono.
Laddove il legislatore non abbia espressamente qualificato la mancata tempestiva risposta dell’amministrazione come silenzio assenso, piuttosto che come silenzio diniego, questa
configura un’ipotesi di silenzio inadempimento, rispetto alla quale il privato può tutelarsi con l’azione di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a. per ottenere l’accertamento dell’obbligo di provvedere e, se ne ricorrono i presupposti, anche una pronuncia sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio.
La portata (non illimitata) del silenzio assenso di cui alla l. n. 241/1990
D'altro canto, sottolinea la sentenza in modo non scontato, lo stesso silenzio assenso regolato dall’articolo 20 della legge n. 241/1990
non è un istituto di carattere generale destinato ad applicarsi in via residuale in mancanza di una diversa disciplina, sia perché incontra le esclusioni e preclusioni elencate nel comma 4, sia perché la regola è quella secondo cui le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, a norma dell’art. 2 della medesima legge e nel rispetto dei principi di legalità e trasparenza.
In tal senso si era espressa già nel 2001 la Corte di Cassazione affermando che l'istituto del silenzio assenso, "pur essendo previsto dall'art. 20 della legge n. 241 del 1990 in termini generali, non è di portata illimitata, ma contiene deroghe per gli atti e i procedimenti indicati nel comma 4 dello stesso articolo, tra i quali sono specificamente elencati quelli che attengono alla pubblica sicurezza e all'incolumità pubblica, quali - nel caso allora all'attenzione della Cassazione - il posizionamento di lungo le strade cartelli pubblicitari in difetto di autorizzazione (Cassazione civile sez. II, 01/03/2007, n. 4869)
Il silenzio sull'istanza di fiscalizzazione ex art. 38 T.U.E.D.
Chiarito che - laddove l’inerzia dell’amministrazione non sia qualificata o qualificabile come assenso o diniego taciti - si configura un’ipotesi di silenzio inadempimento e non di silenzio assenso, la sentenza affronta il tema del silenzio sull'istanza ex articolo 38 T.U.E.D. di corresponsione di sanzione pecuniaria sostitutiva della restituzione in pristino.
Art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato
1. In caso di annullamento del permesso, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all’interessato dal dirigente o dal responsabile dell’ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.
2. L'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'articolo 36.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all'articolo 23, comma 01, in caso di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo.
L'inapplicabilità del formarsi di un provvedimento tacito di assenso sull'istanza di fiscalizzazione è data, oltre che da quanto precedentemente esposto in linea generale:
- dal fatto che l’articolo 38 T.U.E.D. "non disciplina le conseguenze
della mancata risposta dell’amministrazione sull’eventuale istanza del privato"; - dal fatto che l'istituto del silenzio assenso riguarda unicamente i procedimenti avviati su istanza di parte, mentre quello di cui all’articolo 38 T.U.E.D. "ha natura officiosa, come si evince sia dal testo della disposizione – secondo cui, nei casi da essi prevista, «…il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione…» – sia dalla sua funzione, che è quella di disciplinare le conseguenze dell’annullamento di un titolo edilizio emesso dalla stessa amministrazione".
Dal che l'inamissibilità della censura e la conferma della decisione di primo grado sul punto, in uno con la statuizione della inapplicabilità dell'articolo 20 della legge n. 241/1990 all'articolo 38 del d.P.R. n. 380/2001 e, più in generale, alla materia edilizia.