Edificabilità in fascia di rispetto cimiteriale: il punto del T.A.R. Lombardia.
T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 6 aprile 2022 n. 772
La Sezione seconda del T.A.R. Lombardia, Milano, interviene in tema riduzione delle fasce di rispetto cimiteriale e di distanza minima delle edificazioni private dal perimetro del cimitero, facendo chiarezza in una materia in cui si segnalano prassi difformi dalla previsione legislativa.
La vicenda
Il Comune di Melzo emette ordine di demolizione ai sensi dell’articolo 31 T.U. Edilizia nei confronti di un imprenditore agricolo che conduce un’attività di produzione e commercio di fiori nei pressi del cimitero comunale.
Oggetto dell’ordinanza sono una serie di manufatti realizzati senza titolo e riscontrati dall’A.C. in loco, con particolare riferimento a:
- recinzione costituita da rete in ferro plastificata e un cancello metallico;
- manufatto climatizzato adibito a serra, realizzato “con struttura portante in tubolari metallici di vario calibro”;
- manufatti fuori terra utilizzati come depositi”;
- pavimentazione esterna in blocchetti autobloccanti;
- manufatto fuori terra adibito a magazzino e autorimessa per mezzi commerciali, a piante rettangolare con struttura portante in tubolari metallici di vario calibro;
- manufatto in cattive condizioni;
- magazzino costituito da container;
- area a parcheggio a servizio dell’area commerciale.
Due sono le contestazioni mosse dall’Amministrazione nella motivazione dell'ordinanza.
Da un lato che la realizzazione di tali strutture è da qualificarsi come "nuova costruzione" ed era possibile solo a fronte del rilascio di titolo edilizio, che nel caso di specie non è stato richiesto, e dall'altro che la presenza del cimitero precludeva in ogni caso l’edificabilità dell’area.
Il ricorso e la sentenza
L’imprenditore impugna l’ordine di demolizione avanti al T.A.R. Milano, affidando il ricorso sostanzialmente a tre ordini di motivi:
- le opere di cui si tratta rientrerebbero nel perimetro dell’attività edilizia libera di cui all’art. 6 del Testo unico: nessun titolo è stato richiesto perché non era necessario;
- l’area su cui sono state installate le opere contestate sarebbe esterna al vincolo cimiteriale di inedificabilità previsto dall’art. 338 del R.D. 1265/1934, ma ricadrebbe unicamente all’interno di una fascia di rispetto cimiteriale prevista dal PGT, che non comporta l’inedificabilità dell’area;
- in ogni caso, si tratterebbe di opere compatibili con il vincolo di cui all’art. 338, per ragioni che dalla motivazione della sentenza non emergono.
Il T.A.R. respinge il ricorso e conferma la legittimità dell'ordine di demolizione impugnato, affermando che le opere realizzate rientrano nell'ambito della nuova costruzione e sono soggette al rilascio di titolo edilizio, nella fattispecie assente, e che, in ogni caso, la presenza del cimitero impedisce l'edificazione privata, ai sensi dell'art. 338 R.D. 1265/1934.
A nulla rileva il fatto che il P.G.T. ammetta la realizzazione in zona di vincolo di "chioschi a carattere provvisorio": anzitutto perché le strutture di cui si tratta non hanno il carattere di provvisorietà indicato dalla norma comunale, ma ancor prima perché la disposizione locale non può derogare al vincolo di inedificabilità assoluto previsto dalla norma statale.
Strutture leggere e temporaneità: i confini dell'edilizia libera
Sotto il profilo edilizio, il T.A.R. fa anzitutto applicazione del consolidato principio per cui, quando un intervento edilizio consiste in una pluralità di opere illegittime, l’Amministrazione deve procedere ad una valutazione globale delle stesse e della loro complessiva incidenza sull’area.
Corretta è quindi l'ordinanza dell'Amministrazione, mentre non può essere condivisa la tesi del ricorrente secondo cui alcuni interventi minori non avrebbero dovuto essere sottoposti alla sanzione edilizia:
osservando il complesso degli interventi non può che condividersi la conseguenza sanzionatoria posta in essere dal Comune che tiene conto della trasformazione dell’intera area condotta attraverso la pluralità delle opere eseguite.
Il secondo aspetto su cui si concentra il TAR è la contestazione del ricorrente secondo cui le opere di cui si tratta sarebbero strutture leggere e facilmente smontabili, qualificabili come di edilizia libera.
Sul punto, il TAR ricorda che:
- l’installazione di “manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili” sono qualificati come interventi di nuova costruzione, assoggettati a titolo edilizio, con l’eccezione di quelli “diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee” (art. 3 comma 1 lett. e5) T.U. Edilizia);
- a circoscrivere il concetto di temporaneità interviene l’art. 6 comma 1 lett. e-bis), che qualifica come di edilizia libera le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare esigenze contingenti e temporanee “purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto”.
Il che a dire, in linea con la giurisprudenza formatasi già prima delle modifiche al T.U. Edilizia apportate dal D.Lgs. 222/2016, che non sono le caratteristiche strutturali del manufatto (la non infissione al suolo, la possibilità di smontarlo facilmente) a determinarne il carattere precario (e, quindi, la superfluità del titolo edilizio), quanto l’effettiva finalità di soddisfare un’esigenza temporanea.
Nel caso sottoposto all’attenzione del T.A.R si è invece in presenza di strutture che, per quanto leggere, sono destinate a permanere nel tempo e comportano un’alterazione dei luoghi stabile, non irrilevante e non meramente occasionale che necessita di essere autorizzata dal Comune tramite il rilascio di titolo edilizio:
Non si tratta di opere temporanee ma di una complessa struttura articolata in più opere (da valutare, come spiegato, in modo unitario) finalizzate all’intera attività commerciale del ricorrente.
Di qui la legittimità e la doverosità dell'ordine di demolizione comunale.
Fasce di rispetto cimiteriale: disciplina e deroghe
È forse in materia di fascia di rispetto cimiteriale che la sentenza contiene le notazioni più interessanti.
La norma di legge di riferimento è l’art. 338 R.D. 1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie), nel testo vigente riscritto dalla L. 166/2002.
Il comma 1 della disposizione detta la norma generale prevedendo una doppia fascia di rispetto:
- da un lato quella per i cimiteri, che “devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato” (distanza del cimitero);
- dall’altro, quella per le nuove edificazioni, che non possono essere collocate “entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale” (distanza dal cimitero).
Tali distanze possono essere derogate entro i limiti previsti dalla legge.
Il comma 4 della disposizione, in particolare, prevede che, al ricorrere delle condizioni di legge e previo parere favorevole dell’azienda sanitaria locale, il Consiglio comunale possa approvare la costruzione o l’ampliamento di cimiteri a distanza inferiore di 200 metri dal centro abitato, sino al limite di 50 metri, nel caso in cui non sia possibile provvedere altrimenti.
Il comma 5 prevede invece la possibilità di deroga per costruire nuovi edifici o ampliare gli edifici esistenti all’interno della fascia di 200 metri dal perimetro del cimitero. Anche qui la competenza appartiene al Consiglio comunale previo parere favorevole dell’azienda sanitaria locale.
Le ipotesi di deroga di cui al comma 5 sono limitate e tassative, indicate direttamente dalla norma: esecuzione di un’opera pubblica, attuazione di un intervento urbanistico, e ancora realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
Il comma 7 prevede infine gli interventi che possono essere eseguiti sugli immobili esistenti all’interno della fascia di rispetto, consistenti in interventi che arrivano sino alla ristrutturazione edilizia, oltre alla possibilità di un ampliamento nella misura massima del 10%.
Costruzioni private e fascia di rispetto cimiteriale
Le opere oggetto di ordine di demolizione rientrano nella fascia di rispetto cimiteriale e tanto basta per dichirarane l'illegittimità ed ordinarne la rimozione.
A nulla rileva poi il richiamo alla norma di PGT che, annota il TAR, nell'ammettere all'interno della fascia cimiteriale chioschi al servizio dell'attività cimiteriale, non intende legittimare l'installazione di un complesso di strutture a servizio dell'attività agricola e commerciale del ricorrente.
La sentenza, tuttavia, va oltre e sembra voler dipanare alcuni dubbi sull'esatta portata della norma in materia di distanze dal cimitero e sue deroghe.
L’equivoco che spesso si genera è che la riduzione della fascia di rispetto per costruire/ampliare un cimitero (comma 4) o per dare attuazione ad uno degli interventi di cui al comma 5 abbia portata generale, sicché - una volta deliberata la riduzione - l’unico limite da rispettare diventi quello dei 50 metri anche per interventi privati di nuova costruzione estranei alle ipotesi indicate dal comma 5.
Equivoco alimentato in Lombardia dal Regolamento regionale 9 novembre 2004, n. 6 (di recente abrogato e sostituito dal Regolamento regionale 14 giugno 2022, n. 4), che all’articolo 8 comma 3 così prevedeva:
La zona di rispetto può essere ridotta fino ad un minimo di 50 metri, previo parere favorevole dell’ASL e dell’ARPA. La riduzione è deliberata dal comune solo a seguito dell’adozione del piano cimiteriale di cui all’articolo 6 o di sua revisione. Internamente all'area minima di 50 metri, ferma restando la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, possono essere realizzati esclusivamente aree a verde, parcheggi e relativa viabilità e servizi connessi con l’attività cimiteriale compatibili con il decoro e la riservatezza del luogo.
Previsione che è stata letta come possibilità attribuita alle Amministrazioni locali di ridurre ad libitum - ossia anche al di fuori delle stringenti ipotesi previste dall'art. 338 del T.U. Leggi sanitarie - la fascia di rispetto (fermi gli accorgimenti da rispettare all'interno della fascia di 50 metri) e di legittimare così l'edificazione privata anche nella porzione che va dai 50 ai 200 metri di distanza dal perimetro cimiteriale.
L’equivoco stava in realtà già maturando all’indomani delle modifiche introdotte dalla L. 166/2002, quando la Direzione generale sanità della Regione Lombardia diramò una circolare a Sindaci e direttori generali delle ASL (n. 8 del 25 marzo 2003) in cui, indicando la possibilità di intervenire ai sensi del comma 7 dell'art. 338
all’interno della fascia di rispetto e, quindi, dei 50 metri di vincolo assoluto
apriva la strada all’idea che il vero limite invalicabile fosse quello dei 50 metri, mentre la fascia che va dai 50 ai 200 metri dal perimetro del cimitero fosse in qualche modo gestibile dal Comune, fino alla possibilità di azzerarla.
L’eco di questo equivoco si trascina poi negli strumenti urbanistici locali, dove non è raro trovare indicazioni grafiche che perimetrano la sola fascia di 50 m. dal cimitero, quasi che al di fuori di tale perimetro non esista più vincolo e ogni intervento sia ammissibile.
La posizione del T.A.R. Milano: i limiti all'edificabilità privata
E’ quindi quantomai opportuna l’opera chiarificatrice del T.A.R. Lombardia, che con la sentenza in commento coglie l’occasione per ricordare (come già fatto con sentenza 14 dicembre 2020, n. 2491) che:
- “con le modifiche normative del 2002 si fissa, comunque, in 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale il limite per l’edificabilità privata”;
- “il limite all’edificabilità privata non è, quindi, ancorato alla “fascia di rispetto” (che può variare in relazione alle determinazioni adottate dall'Autorità Comunale), ma è legislativamente fissato in ogni caso entro il limite di 200 metri da calcolarsi dal perimetro dell'impianto cimiteriale”.
Il che a dire che la riduzione della fascia di rispetto deliberata dal Consiglio comunale per l’ampliamento/la costruzione di cimiteri (comma 4) o per la realizzazione di opere pubbliche o interventi urbanistici (nozione, quest’ultima, che la sentenza in commento riconduce comunque ad opere pubbliche o di pubblica utilità e non a interventi urbanistici privati, “al fine di non snaturare la ratio su cui riposa la previsione legale”) non può mai legittimare la costruzione di edifici privati a distanza inferiore ai 200 m. dal perimetro cimiteriale.
A maggior ragione non può essere il Comune a legittimare arbitrariamente la costruzione a distanza inferiore ai 200 m. trincerandosi dietro il contenuto del regolamento regionale del 2004 che, qualunque cosa voglia dire, non può certo derogare la previsione legislativa nazionale.
La questione è estremamente delicata.
Le fasce di rispetto cimiteriali pongono un vincolo assoluto di inedificabilità in cui la finalità di tutela dell’igiene pubblica assume un ruolo preponderante.
La costruzione irrispettosa delle distanze previste dall’art. 338 non è pertanto in alcun modo sanabile, con immaginabili conseguenze sul destino dell’edificio illegittimamente realizzato e sulle responsabilità di chi ha eseguito l’intervento e di chi ne ha autorizzato l'esecuzione.
Il nuovo regolamento regionale
Merita segnalare, da ultimo, che la Regione Lombardia ha di recente emanato un nuovo regolamento sull’attività funebre (Regolamento regionale 14 giugno 2022, n. 4), che ha abrogato e sostituito il precedente regolamento n. 6/2004.
La disciplina delle fasce di rispetto è contenuta all’articolo 24, che così prevede:
1. I cimiteri sono contornati da una zona di rispetto di ampiezza pari ad almeno 200 metri, come previsto dall'articolo 338 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Testo unico delle leggi sanitarie).
2. Ove ricorrano le condizioni di cui all'articolo 338, quarto comma, del r.d. 1265/1934, l'ampiezza della zona di rispetto può essere ridotta non oltre il limite di 50 metri, previo parere favorevole dell'ATS competente per territorio e dell'ARPA (...).
Da apprezzare è il fatto di aver riallineato la regolamentazione lombarda alla legislazione nazionale, eliminando l'equivoco riferimento alla riduzione della fascia di rispetto contenuto nel regolamento del 2004 e richiamando le previsioni del Testo unico delle leggi sanitarie per le ipotesi di riduzione di tale fascia.
Tuttavia, visti gli equivoci nati intorno al precedente regolamento, una previsione di chiusura che ricordasse - secondo l'insegnamento del T.A.R. Milano - la necessità e l'inderogabilità del rispetto della distanza di 200 m. per le edificazioni private non sarebbe stata superflua.