Illegittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva: profili risarcitori
12 febbraio 2014
Con sentenza 29 gennaio 2014, n. 1114, il T.A.R. Lazio si occupa dei profili risarcitori conseguenti all’accertata illegittimità di un provvedimento di aggiudicazione definitiva, affermando l'irrilevanza della colpevolezza della p.a. ai fini del risarcimento e occupandosi di danno da lucro cessante o da perdita di chance.
Aeroporti di Roma S.p.A. indice una procedura ad evidenza pubblica avente ad oggetto la fornitura di mezzi per lo scioglimento del ghiaccio che si forma sugli aerei in sosta all’aeroporto di Fiumicino nel periodo invernale. Il disciplinare di gara, oltre a dettare le specifiche tecniche che dovranno avere i mezzi, riserva alla stazione appaltante la facoltà di non procedere all’aggiudicazione nel caso di una sola offerta valida, se non la ritiene congrua e conveniente.
Delle due società partecipanti alla procedura, quella rimasta esclusa dall’affidamento impugna il provvedimento di aggiudicazione, lamentando la non corrispondenza dei mezzi offerti dalla società aggiudicataria alle caratteristiche tecniche richieste nel bando.
Il T.A.R. accoglie il ricorso, rilevando come la società vincitrice abbia sostanzialmente offerto alla stazione appaltante aliud pro alio.
Stabilita l’illegittimità del provvedimento impugnato, il Collegio si occupa della richiesta di risarcimento del danno avanzata dalla società ricorrente.
Il T.A.R. afferma innanzitutto che ai fini del risarcimento del danno non è richiesta la prova della colpevolezza dell’Amministrazione, principio di origine comunitaria (Corte di Giustizia U.E., sentenza 30 settembre 2010, C-314/09) fatto proprio anche dalla giurisprudenza italiana (CdS, IV, 31 gennaio 2012, n. 482; sez. V, 8 novembre 2012, n. 5686; T.A.R. Lombardia Milano, IV, 5 febbraio 2013, n. 341). Se il privato prova di aver subito un danno in conseguenza di un provvedimento amministrativo che abbia violato le norme in materia di appalti pubblici, a suo favore sorge il diritto al risarcimento, a prescindere dal fatto che la condotta dell’Amministrazione sia stata o meno colposa.
La società ricorrente espone inoltre che l’illegittima decisione assunta dall’Amministrazione non le ha permesso di realizzare l’utile sperato, quantificato come il margine di guadagno che la fornitura dei mezzi le avrebbe garantito. Ma se l’attività della P.A. non fosse stata viziata dai profili di illegittimità dedotti e censurati, la società ricorrente si sarebbe aggiudicata la gara e avrebbe conseguito l’utile che chiede in giudizio quale danno da lucro cessante?
Il T.A.R. ammette che ciò non si può dire né con certezza né con buona probabilità, in quanto il disciplinare di gara, come detto, riservava alla stazione appaltante la facoltà (altamente discrezionale) di non procedere all’aggiudicazione in caso di una sola offerta valida.
L’elemento discrezionale in capo all’amministrazione non permette quindi di riconoscere un nesso di stretta causalità tra il provvedimento illegittimo della p.a. e il mancato guadagno della società.
Ciò che la società ricorrente ha realmente perso non è l’aggiudicazione della gara (e il relativo utile), bensì la possibilità che la sua offerta (in quanto unica offerta valida) venisse sottoposta all’ulteriore filtro del giudizio di congruità e convenienza e restasse in gioco per l’eventuale aggiudicazione: non ha perso l’utile, ma la possibilità di conseguirlo; non danno da lucro cessante, quindi, ma danno da perdita di chance.
Il T.A.R. riconosce che la condotta illegittima dell’Amministrazione ha causato un danno alla società, riconosce che non si può parlare di “lucro cessante” nel caso specifico, quantifica il danno in via equitativa, ma non dice che giuridicamente lo sta riqualificando come danno da perdita di chance.
Maggiore chiarezza in proposito sarebbe stata sicuramente apprezzabile e doverosa, considerando anche che per la valutazione equitativa del danno il Collegio fa riferimento alla quantificazione legale dell’utile presuntivo d’impresa di cui all’art. 134 d.lgs. 163/2006. Tale criterio è applicato per risarcire il danno in caso di recesso della stazione appaltante ed è esteso anche alle ipotesi di danno da lucro cessante da determinarsi in via equitativa.
Di qui l'equivoco cui può dar luogo la sentenza, laddove, non specificando che si tratta di perdita di chance, sembra voler risarcire un "mancato guadagno" tutt'altro che certo.
Il testo completo della sentenza T.A.R. Lazio n. 1114/2014 è consultabile all'indirizzo http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Roma/Sezione%203T/2013/201309572/Provvedimenti/201401114_01.XML