Prime indicazioni giurisprudenziali in materia di stato legittimo dell'immobile

2 gennaio 2023

Il regime edilizio degli interventi ammessi al 110%

L'incremento degli interventi edilizi generato dal regime del cd. Superbonus ha costretto il legislatore a intervenire sul Testo Unico dell'Edilizia introducendo sia un regime finalizzato alla semplificazione delle procedure per gli interventi ammessi ai benefici fiscali sia la più vasta nozione di "stato legittimo degli immobili".

La CILA superbonus (o semplicemente CILAS) ha avuto uno sviluppo che definire imbarazzante è poco: introdotta con la conversione in legge del D.L. n. 77/2021 ("Decreto Semplificazioni", è stata poi riscritta con il D.L. n. 34/2020 ("Decreto Rilancio"), il quale ha operato sull'articolo 119, comma 13-ter, del Decreto Semplificazioni sostituendone il comma 13-ter e inserendo i commi 13-quater e 13-quinquies.

Ai fini che qui interessano basti ricordare che se l'obbiettivo del legislatore era quello, con la riscrittura del comma 13-ter, di consentire l’accesso al Superbonus anche a quegli interventi  abusivi cui, ai sensi dell’art. 49 del D.P.R. n. 380/2001, è precluso l’accesso ad agevolazioni fiscali, l'obiettivo non è stato in alcun modo centrato, vero - come scrivevamo - che la cancellazione dell'obbligo di attestazione dello stato legittimo da parte dei tecnici abilitati non significa che gli interventi che beneficiano del 110% possano essere realizzati su immobili abusivi

La regolarità dell'edificio è e resta condizione per il rilascio di un nuovo titolo: sul punto, in questo sito, v. Superbonus 110% e stato legittimo dell'immobile.

Le problematiche connesse alla definizione di stato legittimo

Dispone l'articolo 9-bis, comma 1-bis, del D.P.R. n. 380/2001, nel testo successivo alla novella della L. n. 120/2020 (art. 10, c. 1, lett. d):

1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia. 

La semplicistica differenziazione contenuta nel secondo periodo tra immobili assistiti da titolo e immobili "realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio" è figlia della stessa superficialità con cui il Legislatore del 2021 ha dovuto correggere il Legislatore del 2020 sulla CILAS, vero che all'estensore della definizione sfuggiva che già  anteriormente all'entrata in vigore della L. 765/1967 (1 settembre 1967) erano vigenti strumenti urbanistici o regolamenti edilizi per i quali vi era necessità di licenza edilizia anche per le costruzioni ubicate al di fuori del centro abitato.

La questione avrebbe potuto essere risolta semplicemente individuando una data - per esempio l'entrata in vigore della L. n. 1150/1942 - fosse anche solo sposando l'orientamento secondo il quale l'articolo 31 della Legge Urbanistica avrebbe valenza abrogatrice delle disposizioni regolamentari difformi: ma tant'è.

Prime indicazioni giurisprudenziali

>> La rappresentazione dell'intero immobile contenuta in un titolo finalizzato alla realizzazione di uno specifico intervento non legittima la struttura nella sua interezza.

Premesso che, ai sensi dell’art. 9-bis D.P.R. 380/2001, lo stato legittimo dell’immobile è quello corrispondente ai contenuti dei rispettivi titoli abilitativi, relativi non solo all’originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative, 

L’autorizzazione di un singolo e sporadico intervento edilizio, ottenuta valendosi della disciplina semplificatrice della SCIA, non s’estende tout court all’intera struttura della costruzione abusiva su cui esso l’intervento incide.

Così Cons. Stato, Sez. VI, 1 settembre 2022 n. 7621.

Nel medesimo senso i giudici amministrativi della Campania, secondo i quali con la novella dell'articolo 9-bis il legislatore ha inteso semplicemente chiarire che lo «stato legittimo dell’immobile» è quello corrispondente ai contenuti del sottesi titoli abilitativi, relativi non alla sua originaria edificazione e alle sue successive vicende trasformative, ma "non altro".

Se, infatti,

altro il legislatore avesse inteso stabilire, e cioè se avesse ricollegato portata totalmente abilitante al titolo «che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare», a prescindere dal relativo oggetto [...], avrebbe abbandonato il principio ordinamentale basico di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, operante nel campo processuale, ma ragionevolmente esportabile anche nel campo dei procedimenti ampliativi della sfera giuridica dei privati e, soprattutto, avrebbe surrettiziamente introdotto una sorta di sanatoria implicita per tutti i manufatti assistiti da (qualsivoglia) titolo abilitativo, seppure non riferibile alla loro integrale consistenza e conformazione.

Così T.A.R. Campania, Salerno, 31 maggio 2021 n. 1358.

>>  L’onere della prova in ordine a pregressi titoli abilitativi può essere soddisfatto, in via indiziaria, qualora sussistano principi di prova circa la loro esistenza.

La circostanza che non sia rinvenuto agli atti del Comune il titolo edilizio originario è circostanza che non può tradursi in un ostacolo per il rilascio del titolo richiesto quando l’onere della prova in ordine alla sussistenza di pregressi titoli abilitativi risulti soddisfatto, in via indiziaria, dalla documentazione prodotta dall'istante, quale e la presentazione della richiesta e il rilascio del parere favorevole degli uffici.

La disposizione di chiusura del comma 1-bis dell’articolo 9-bis prevede infatti che le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

La modifica legislativa, nell’ultimo periodo, ha avuto proprio lo scopo di dare soluzione ai casi come quello in esame in cui il titolo edilizio non sia disponibile e tuttavia sussistano principi di prova circa la sua esistenza.

Così T.A.R. Campania, Napoli, Sez. II, 7 settembre 2022, n. 5644.

>> Le  prescrizioni contenute nell'art. 9-bis in ordine alla documentazione dello stato legittimo dell’immobile, impongono alle Amministrazioni di eseguire con la massima accuratezza e diligenza sollecite ricerche per rinvenire i documenti richiesti e di dare conto delle ragioni dell’impossibilità di ricostruire gli atti mancanti.

Posto che ogni operazione edilizia sul patrimonio esistente presuppone da un lato l’attestazione dello stato legittimo delle opere, da documentarsi, ai sensi dell’articolo 9-bis, da parte di chi intende operare trasformazioni o interventi edilizi sul patrimonio esistente, e dall’altro il corrispondente riscontro di tali attestazioni da parte dell’Ufficio, ne deriva che

le operazioni di custodia e di eventuale discarico di atti e documenti tecnici o edilizi o urbanistici d’epoca, da parte degli uffici competenti e dell’Archivio Storico, dovrebbero essere (o risultare già) improntate funzionalmente a consentire l’accessibilità o la reperibilità (anche) dei documenti edilizi risalenti negli anni.

Se determinati documenti, legittimamente richiesti dal privato, non risultino esistenti negli archivi dell’Amministrazione che li dovrebbe detenere per ragioni di servizio, quest’ultima è tenuta a certificarlo, così da attestarne l’inesistenza e fornire adeguata certezza al richiedente per quanto necessario a consentirgli di determinarsi sulla base di un quadro giuridico e provvedimentale completo ed esaustivo.

Fermo che la regola generale ad impossibilia nemo tenetur non può che riguardare, per evidenti motivi di buon senso e ragionevolezza, i documenti esistenti e non anche quelli distrutti o comunque irreperibili, sta di fatto che 

non è tuttavia sufficiente - al fine di dimostrare l’oggettiva impossibilità di consentire il diritto di accesso e quindi di sottrarsi agli obblighi tipicamente incombenti sull’amministrazione in base alla normativa primaria in tema di accesso - la mera e indimostrata affermazione in ordine all’indisponibilità degli atti quale mera conseguenza del tempo trascorso e delle modifiche organizzative medio tempore succedutesi, in quanto spetta all’Amministrazione destinataria dell’istanza di accesso fornire l’indicazione, sotto la propria responsabilità, attestante la inesistenza o indisponibilità degli atti che non è in grado di esibire, con l’obbligo di dare dettagliato conto delle ragioni concrete di tale impossibilità, senza che sia sufficiente al riguardo una mera affermazione della loro inesistenza negli scritti difensivi (T.A.R., Milano, sez. III, 11/10/2019, n. 2131).

Così T.A.R. Lazio, Roma, Sez. IIbis, 12 maggio 2022 n. 5918.

>> L'art. 9-bis non specifica quando possa ritenersi assolto l’onere della prova relativo alla dimostrazione dello stato legittimo del fabbricato

In assenza del progetto di un preesistente fabbricato su cui intervenire, non è in discussione che si possa utilizzare la documentazione fotografica reperita per dimostrare quali fossero le caratteristiche tipologiche, degli elementi costruttivi, delle dimensioni planivolumetriche e della destinazione d’uso del fabbricato da ricostruire, così come non è in discussione l'apprezzamento degli elementi in questione sia in capo alle Amministrazioni.

L'articolo 9-bis non specifica infatti, relativamente agli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio,

quando possa ritenersi assolto l’onere della prova relativo alla dimostrazione dello stato legittimo del fabbricato, che grava sul soggetto che chiede il titolo edilizio per eseguire un intervento di ricostruzione come quello per cui è causa.

Così T.A.R. Trento, 27 ottobre 2020 n. 182.

>> L'art. 9-bis sancisce definitivamente che una volta condonato un edificio diventa legittimo a tutti gli effetti.

Infondato è l'assunto secondo cui non sarebbe ammissibile la ristrutturazione di un immobile condonato in ragione del fatto che su un fabbricato condonato sarebbero ammissibili solamente interventi conservativi, vale a dire di manutenzione ordinaria e straordinaria.

Tale tesi, seppur seguita in passato da un indirizzo giurisprudenziale, risulta superata dalla più recente elaborazione pretoria, secondo la quale l’immobile, una volta sanato, diventa legittimo a tutti gli effetti e, quindi, ha il medesimo regime giuridico dell’edificio legittimamente assentito, senza limitazioni derivanti dall’applicazione del condono (in tal senso cfr., ex multis, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 29 gennaio 2021, n. 144; T.A.R. Umbria, sez. I, 30 marzo 2018, n. 188, concernente un intervento di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione di un manufatto condonato; T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 11 giugno 2010, n. 8808; T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 19 febbraio 2009, n. 109).

L'art. 9-bis, ai sensi del quale “Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa”, codifica definitivamente questo secondo orientamento.

Così T.A.R. Liguria, Sez. I, 22 aprile 2021 n. 361.

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